Corriere di Bologna

Tutti assolti per il furto di gioielli Il caso innescò il suicidio Guidetti

Bonora condannato a 3 anni per ricettazio­ne. Nessun colpevole per il maxi colpo

- Andreina Baccaro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Tutti assolti dall’accusa di furto per non aver commesso il fatto e una sola condanna per ricettazio­ne a tre anni e tre mesi. Finisce così il processo a carico di Ivan Bonora, giostraio sinti 46enne, e dei suoi familiari, un procedimen­to che riguardava un maxi furto di contanti e gioielli da circa 700.000 euro ai danni di un’anziana signora residente in via Saragozza nel marzo 2015.

Un furto che sollevò grande clamore perché collegato in qualche modo all’omicidiosu­icidio della farmacista Vera Guidetti, che uccise l’anziana madre e si tolse la vita dopo essere stata sentita come testimone in quanto in casa sua furono trovati una serie di quadri e oggetti preziosi che lei stessa confessò le erano stati consegnati da Bonora. Mentre indagavano sul furto, infatti, gli agenti della Squadra mobile coordinati dal pm Massimilia­no Rossi intercetta­rono Bonora, giostraio residente al Pilastro, e scoprirono il suo rapporto con la farmacista 62enne, che fu convocata in Questura e sentita come persona informata dei fatti dall’allora procurator­e aggiunto Valter Giovannini.

La donna consegnò ai poliziotti una serie di quadri e un sacchetto con due anelli che, disse, le erano stati consegnati proprio da Bonora, che lei aiutava per affetto verso la sua famiglia. La polizia collegò i due anelli al furto di via Saragozza e l’interrogat­orio andò avanti ma senza che alla donna fosse garantito il diritto di essere assistita da un avvocato, come poi stabilito dal Csm. Per questo Giovannini è stato sottoposto a provvedime­nto disciplina­re e sanzionato con la censura. La donna, poi, dopo due giorni da quell’interrogat­orio iniettò una dose di insulina all’anziana madre, morta una settimana dopo, e si suicidò lasciando un biglietto in cui accusava Giovannini di averla «trattata come una criminale».

L’inchiesta sul furto che aveva originato tutto, è stata portata avanti e, dunque, a processo dal pm Roberto Ceroni, che nel frattempo ha ereditato il fascicolo. Insieme a Bonora, accusato di furto e ricettazio­ne, sono finiti sotto accusa la moglie Linda Piva per furto, il figlio Maverik e il fratello Juri per concorso perché fornirono un alibi all’uomo, che per la Procura, che aveva chiesto pene da due a sei anni, era falso. Ieri invece il giudice Gabriella Castore ha assolto tutti con formula piena, perché il fatto non sussiste, condannand­o solo il capofamigl­ia Bonora per il reato di ricettazio­ne alla pena di tre anni e tre mesi di carcere e al pagamento di una multa di 900 euro, più il risarcimen­to di 2.000 euro ad ognuna delle due parti civili costituite.

L’accusa non è dunque riuscita a dimostrare chi compì quel furto con raggiro in via Saragozza, nel quale la farmacista suicida ebbe il terrore di restare invischiat­a, ma solo che Bonora deteneva quella e altra merce oggetto di furto, compresi reperti archeologi­ci, a scopo di ricettazio­ne. L’avvocato Luciano Bertoluzza, difensore degli imputati insieme a Luca D’Apote, annuncia ricorso in Appello.

 ?? Il processo ?? A giudizio c’era l’intera famiglia Bonora, non solo il capofamigl­ia ma anche la moglie, il figlio e il fratello, tutti poi assolti dai giudici
Il processo A giudizio c’era l’intera famiglia Bonora, non solo il capofamigl­ia ma anche la moglie, il figlio e il fratello, tutti poi assolti dai giudici

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