Bankitalia vede rosa L’Emilia-Romagna torna a livelli pre crisi
Ci sono voluti dieci anni, ma alla fine l’Emilia-Romagna ha chiuso la ferita della crisi recuperando tutto il Pil che aveva perduto a partire dal 2007. Con un balzo l’anno scorso dell’1,8%, infatti, rivede quota 100, mentre l’Azienda Italia è ancora ferma sotto quota 95. Se abbiamo performato meglio del resto del Paese è stato soprattutto grazie a due fattori: gli investimenti produttivi, cresciuti di circa il 10% e in procinto di accelerare ancora quest’anno, e l’export che aumenta dal 2014 a ritmi di carica (+6,7% nel 2017) e oggi, con 60 miliardi di valore complessivo, rappresenta un quota del commercio mondiale pari allo 0,42%, quanto tutta la Finlandia o il Portogallo.
Dunque si tinge di rosa il rapporto annuale della Banca d’Italia sulle economie regionali, presentato ieri in piazza Cavour dal direttore di sede Francesco Trimarchi e dal suo staff. E il controllore delle banche può tirare un altro sospiro di sollievo sui crediti deteriorati, di nuovo in calo nel sistema bancario di pari passo con il crescente slancio della ripresa, o quantomeno, come per edilizia e costruzioni, con la fine della caduta. Insomma, l’economia riprende a girare e aziende e famiglie tornano ad onorare i propri debiti. Ma sul fronte bancario pesa anche la massiccia ristrutturazione, con accorpamenti e fusioni tra piccoli istituti e un notevole ridimensionamento della rete fisica in favore di servizi tecnologici.
Già, la tecnologia. Per Bankitalia è la chiave di interpretazione del virtuoso caso emiliano. Le aziende hi tech, infatti, sono quelle che esportano di più, con margini più ampi e una maggiore resilienza. Packaging, motori e ceramica su tutti. Sono anche, queste, le aziende che hanno ripreso ad assumere diplomati e laureati (+0,8%). Il mercato del lavoro continua a creare posti, tanto che l’anno scorso è stato migliorato il record storico di occupazione. Ma, dice Bankitalia, il dato va interpretato: più persone lavorano, più concittadini sono passati dall’inattività a una ricerca attiva di lavoro e a questi vanno aggiunti i cassintegrati rientrati in fabbrica. Non si tratta sempre di occupazione di alta qualità; molti sono i part time non voluti, oppure i lavori temporanei o saltuari. Tuttavia torna ad aumentare la produttività del lavoro (+2% dal 2014) e anche questo spiega la ritrovata competitività delle imprese esportatrici. Come pure lo sprint degli investimenti concentrati nelle tecnologie di Industria 4.0.
Un’altra nota positiva viene dal turismo straniero che ha riversato sulla regione 1,8 miliardi di euro. Ma frenano ancora le vendite al dettaglio (-0,5%), probabilmente erose da non quantificabili vendite on line. Il reddito disponibile è rimasto inalterato, ma la caduta dei prezzi immobiliari ha leggermente ridotto la ricchezza delle famiglie. Non per tutte, però, visto l’aumento delle diseguaglianze, comunque inferiori alla media nazionale, così come l’indice di povertà. Infine languono gli investimenti degli enti locali, non per mancanza di fondi quanto per scarse capacità progettuali. Ma, ammonisce Piazza Cavour, restano due fattori di rischio: il neo protezionismo americano (esportiamo per 6 miliardi e importiamo solo per 800 milioni) e un rialzo del tassi che renderebbe più oneroso finanziare gli investimenti.