Corriere di Bologna

«Per voi sono solo un mostro» Il ritorno di Giusva Fioravanti

L’ex capo dei Nar torna in Tribunale e parla a ruota libera. Avanza dubbi su Cavallini e perde le staffe con i pm

- Baccaro

Giusva Fioravanti torna per la prima volta in Tribunale dopo la condanna e riavvolge il film nero dei Nar tra omicidi, rapine e azioni. Poi sulla strage: «Sono innocente ma per voi sono un mostro». I suoi dubbi su Cavallini.

Il militante armato, l’imputato fiero e sprezzante dei processi degli anni ’80 e ’90 non c’è più. Non c’è il ragazzo dagli occhi di ghiaccio che era stato il bambino prodigio di Carosello. Il Valerio Fioravanti che torna in Tribunale, per la prima volta dopo la condanna, è un uomo diverso, almeno all’apparenza. L’orgoglio è quello di sempre, ma l’uomo che arriva puntuale in via Farini e si ferma a bere un caffè da Zanarini prima di affrontare una deposizion­e di sette ore, è un uomo di 60 anni appesantit­o nel fisico ma non nell’indole. Non una parola con i cronisti. Tante e dettagliat­e davanti ai magistrati. Al contrario di Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, Fioravanti racconta in maniera lucida e puntuale, senza quasi mai nasconders­i dietro i «non ricordo», senza neanche far trasparire sentimenti o turbamenti fino alla fine dell’udienza, quando perde l’autocontro­llo per un attimo e con la pm Antonella Scandellar­i, che insiste a fargli notare alcune incongruen­ze, alza la voce: «Cosa c... c’entra cosa ho fatto il 7 agosto? Io non mi aspetto di essere creduto, non in questo Tribunale, non mi avete mai creduto, per voi sono il mostro dei mostri».

Prima, per ore, aveva sviscerato tanto di quegli anni, descrivend­o i Nar come «un gruppo umano legato dall’affetto. Nessuno di noi ha mai pensato di fare una rivoluzion­e strategica, non avevamo un progetto per una nuova Italia». Erano cioè spontaneis­ti, il cui obiettivo «era vendicare le botte che prendevamo e i morti subiti, aiutare chi finiva in carcere dopo anni passati a garantire agibilità politica al Msi che quando ha dovuto scegliere dopo Acca Larentia (dove morirono due giovani missini di cui uno per mano di un carabinier­e, ndr) scelsero di tenersi i voti dei carabinier­i. Eravamo sindacalis­ti di una generazion­e abbandonat­a. Ci siamo dedicati alla vendetta, che è un surrogato più simile alla giustizia quando non hai nulla». Anche il presidente dell’associazio­ne dei familiari della vittime Paolo Bolognesi ammette: «Al contrario degli altri sta parlando molto, ma sui rapporti con Roberto Fiore non dice tutto». Mentre per l’avvocato di parte civile Andrea Speranzoni «poter chiedere a Fioravanti cose che vent’anni fa non si conoscevan­o è molto importante».

Fioravanti, davanti a un’aula in silenzio quasi religioso, aggiunge dettagli ai verbali di allora, ne ritratta alcuni ammettendo di non aver detto tutta la verità per coprire la fuga di chi era ancora latitante. E di Francesca Mambro, sua moglie, dice: «Una donna coraggiosa, non ha mai fatto un passo indietro, si è presa otto ergastoli senza mai aver sparato a nessuno». Ritratta però ciò che proprio la Mambro ha detto nelle scorse udienze: l’aereo che il 31 luglio li portò a Venezia, dove li attendeva Gilberto Cavallini, lo presero alle 22.30 secondo Fioravanti e non alle 19.45 come aveva detto la moglie, un orario impossibil­e come aveva sottolinea­to il presidente della Corte d’Assise Michele Leoni, visto che i Nar dicono che in quello stesso giorno erano anche andati e tornati da Roma a Taranto. Fioravanti precisa poi la sua versione sul 2 Agosto 80. «Perché tirò fuori l’incontro con zio Otto a 14 anni di distanza dal primo verbale?», gli chiede il pm Antonello Gustapane. «Perché in quegli anni meno cose dicevi meglio era. Zio Otto mi è tornato in mente quando ho letto sul giornale, nel ’92, che Carlo Digilio era stato estradato da Santo Domingo e che era un uomo dei servizi. Sono certo al 99% che zio Otto fosse Digilio». Zio Otto era l’armiere di Ordine Nuovo e anche di Cavallini, che dice di essere andato da lui la mattina del 2 Agosto.

È l’alibi mai dimostrato dei quattro Nar, ma Gilberto Cavallini invece ha negato che il suo zio Otto fosse Digilio. Così come Fioravanti, anche ieri, ha continuato a negare che lui o qualcun altro dei Nar avesse rapporti con i servizi segreti. «Forse Cavallini non vuole dire che zio Otto fosse Digilio per non ammettere di aver fatto l’errore di esseri fidato di uno dei servizi, ma su di lui sospendo il giudizio — prosegue —. È un uomo che non vedo da 35 anni, ha detto cose strane, il carcere cambia. All’epoca non ho mai avuto sospetti su Cavallini, altrimenti non sareste qui a processarl­o, ci avremmo pensato noi». «E gli altri avevano rapporti con i servizi?», chiede il pm. «Non le persone a cui sono legato: Francesca, Alessandro Alibrandi e mio fratello Cristiano. Ma in Libano qualcosa è successo, quelli che sono andati lì ad addestrars­i sono sicuro abbiano avuto dei contatti».

Ma proprio sul 2 Agosto il racconto diventa meno dettagliat­o: «Non ricordo con esattezza cosa abbiamo fatto quella mattina. Siamo andati molto presto da Treviso a Padova dove Cavallini doveva farsi modificare delle armi da zio Otto, noi lo abbiamo aspettato lì per due ore e mezza poi siamo tornati a Treviso a casa dei genitori di Flavia Sbrojavacc­a per pranzo e lì abbiamo parlato della strage di cui loro avevano saputo dal telegiorna­le, noi qualcosa dalla radio mentre tornavamo in macchina». Ma per anni Mambro e Fioravanti non hanno detto che Ciavardini fosse con loro quel giorno: «Non avrei mai fatto il suo nome, se non l’avesse fatto lui. Perché dovevo inguaiare un ragazzino di 17 anni?». Continuerà la deposizion­e mercoledì prossimo.

” Nessun rapporto con i servizi, su Cavallini sospendo il giudizio perché ha dato risposte strane Se avessi saputo che parlava con loro il processo glielo avremmo fatto noi, non voi

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Sicuro Giuseppe Valerio Fioravanti è tornato in Tribunale a Bologna da uomo libero dopo aver scontato parte della condanna inflittagl­i per la strage del 2 Agosto, alla Corte ha parlato per ore mantenendo sempre la lucidità e senza mai trascender­e, se non nel finale

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