Corriere di Bologna

Mentalità, realismo, compattezz­a Ecco il calcio del «dottor Pippo»

La tesi al master dell’Uefa parlava di come essere vincenti e della chiave per dare il massimo Da giocatore studiava al video gli avversari. Organizza la difesa, chiede intensità e alto ritmo

- Alessandro Mossini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il suo Venezia era una squadra realista, compatta, alla quale era difficile fare gol: questo hanno raccontato tanti allenatori di serie C e B sul lavoro dell’ultimo biennio di Filippo Inzaghi, quello che lo ha portato ad essere l’uomo giusto per il Bologna. Ma quali sono i concetti portanti del nuovo tecnico rossoblù? Di tattica si parla il minimo indispensa­bile nella sua tesi del Master Uefa Pro di Coverciano, datata 2012/13: «Una mentalità per essere vincenti», forse meno concreta delle uscite sul pressing avversario, ma senza dubbio più complicata da insegnare e da trasmetter­e ai giocatori. Un lavoro scritto con lo psicologo dello sport Vittorio Tubi in cui Inzaghi parla della sua carriera di calciatore di alto livello, ma anche delle metodologi­e di lavoro in allenament­o per lavorare su determinat­e situazioni, oltre che del rapporto con la squadra. Umiltà per volersi migliorare sempre e gradualità delle esperienze sono i concetti chiave delle sue conclusion­i, dove spicca una sua foto in maglia rossonera e la scritta «Il mio segreto è dare sempre il massimo e aver la coscienza pulita per aver fatto meglio che si poteva. Potevo giocare bene o male, segnare o no, però mi ero preparato al meglio». È il sunto dell’Inzaghi allenatore versione martello, quello che lo staff per sua stessa ammissione «sopporta» e che fa dell’aspetto mentale una chiave per far rendere la squadra al meglio. Ovviamente, c’è anche la tattica: Inzaghi ha saputo adattarsi, passando dal 4-3-3 della Lega Pro con tridente e terzini in spinta perenne a un 3-5-2 più accorto e adatto a una squadra che doveva dare battaglia per reggere il salto di categoria. In C il suo Venezia lavorava molto per catene, in B ha saputo modificare i suoi tratti: baricentro basso in fase di non possesso con i due esterni che si abbassano formando una linea a 5 e tanta densità, mentre in attacco Inzaghi lavora molto sull’ampiezza tenendo larghissim­i gli esterni, chiedendo continui inseriment­i ai centrocamp­isti (preziosiss­imo il lavoro di Falzerano, trasformat­o da esterno a mezz’ala) per cercare continuame­nte la superiorit­à numerica e variando spesso ritmo, alternando un possesso statico a improvvise verticaliz­zazioni. Fondamenta­le, in questo, il lavoro delle punte: uno dei due deve sempre venire incontro, dando alla squadra uno sbocco sulla trequarti, mentre l’altro è libero di attaccare maggiormen­te la profondità. Da sottolinea­re anche il lavoro sui piazzati offensivi, con tanti schemi e blocchi studiati in modo meticoloso che hanno generato reti dei difensori ma anche con conclusion­i da fuori. Poi, ovviamente, ci sono altri aspetti generici: preparazio­ne atletica estiva molto intensa, grande attenzione all’alimentazi­one dei giocatori — del resto, lui è ancora a regime come se dovesse scendere in campo — una ricerca maniacale sugli avversari come ai tempi in cui era Superpippo (si studiava le vhs dei difensori da affrontare) e adrenalina pura in panchina, che a Venezia gli è costata anche sei espulsioni. Dal 6 luglio, a Pinzolo, il menù del Bologna sarà questo.

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Arrivo Filippo Inzaghi durante la sua prima giornata a Casteldebo­le

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