Mentalità, realismo, compattezza Ecco il calcio del «dottor Pippo»
La tesi al master dell’Uefa parlava di come essere vincenti e della chiave per dare il massimo Da giocatore studiava al video gli avversari. Organizza la difesa, chiede intensità e alto ritmo
Il suo Venezia era una squadra realista, compatta, alla quale era difficile fare gol: questo hanno raccontato tanti allenatori di serie C e B sul lavoro dell’ultimo biennio di Filippo Inzaghi, quello che lo ha portato ad essere l’uomo giusto per il Bologna. Ma quali sono i concetti portanti del nuovo tecnico rossoblù? Di tattica si parla il minimo indispensabile nella sua tesi del Master Uefa Pro di Coverciano, datata 2012/13: «Una mentalità per essere vincenti», forse meno concreta delle uscite sul pressing avversario, ma senza dubbio più complicata da insegnare e da trasmettere ai giocatori. Un lavoro scritto con lo psicologo dello sport Vittorio Tubi in cui Inzaghi parla della sua carriera di calciatore di alto livello, ma anche delle metodologie di lavoro in allenamento per lavorare su determinate situazioni, oltre che del rapporto con la squadra. Umiltà per volersi migliorare sempre e gradualità delle esperienze sono i concetti chiave delle sue conclusioni, dove spicca una sua foto in maglia rossonera e la scritta «Il mio segreto è dare sempre il massimo e aver la coscienza pulita per aver fatto meglio che si poteva. Potevo giocare bene o male, segnare o no, però mi ero preparato al meglio». È il sunto dell’Inzaghi allenatore versione martello, quello che lo staff per sua stessa ammissione «sopporta» e che fa dell’aspetto mentale una chiave per far rendere la squadra al meglio. Ovviamente, c’è anche la tattica: Inzaghi ha saputo adattarsi, passando dal 4-3-3 della Lega Pro con tridente e terzini in spinta perenne a un 3-5-2 più accorto e adatto a una squadra che doveva dare battaglia per reggere il salto di categoria. In C il suo Venezia lavorava molto per catene, in B ha saputo modificare i suoi tratti: baricentro basso in fase di non possesso con i due esterni che si abbassano formando una linea a 5 e tanta densità, mentre in attacco Inzaghi lavora molto sull’ampiezza tenendo larghissimi gli esterni, chiedendo continui inserimenti ai centrocampisti (preziosissimo il lavoro di Falzerano, trasformato da esterno a mezz’ala) per cercare continuamente la superiorità numerica e variando spesso ritmo, alternando un possesso statico a improvvise verticalizzazioni. Fondamentale, in questo, il lavoro delle punte: uno dei due deve sempre venire incontro, dando alla squadra uno sbocco sulla trequarti, mentre l’altro è libero di attaccare maggiormente la profondità. Da sottolineare anche il lavoro sui piazzati offensivi, con tanti schemi e blocchi studiati in modo meticoloso che hanno generato reti dei difensori ma anche con conclusioni da fuori. Poi, ovviamente, ci sono altri aspetti generici: preparazione atletica estiva molto intensa, grande attenzione all’alimentazione dei giocatori — del resto, lui è ancora a regime come se dovesse scendere in campo — una ricerca maniacale sugli avversari come ai tempi in cui era Superpippo (si studiava le vhs dei difensori da affrontare) e adrenalina pura in panchina, che a Venezia gli è costata anche sei espulsioni. Dal 6 luglio, a Pinzolo, il menù del Bologna sarà questo.