BRANCIAROLI LE «LETTERE A NOUR»
Stasera va in scena al Teatro Alighieri (in prima nazionale) lo spettacolo tratto dal testo dell’islamologo e filosofo francese di origine marocchina Rachid Benzine, già rappresentato in Belgio e in lettura al Festival di Avignone
Franco Branciaroli non si è mai sottratto alle sfide difficili. Oltre a incarnare vari personaggi classici, sempre con passione e acribia interpretativa, ha indossato testi contemporanei anche violenti, estremi, come “In exitu” di Testori, la via crucis di un giovane drogato marchettaro di periferia, o pieni di scomode domande, come Confiteor, sempre dello stesso Testori. Di recente lo abbiamo visto a Bologna nelle due diverse facce: prima con Dipartita finale, metafisico divertissement sulla vecchiaia, poi con una vecchia Medea con la regia di Ronconi, che riprende il suo amore per personaggi «diversi», spinosi, in quel caso la indomabile donna maga. Stasera alle 21 torna all’Alighieri di Ravenna per Ravenna Festival, con una novità assoluta, che in seguito sarà al festival di Spoleto. Si tratta di un testo dell’islamologo e filosofo francese di origine marocchina Rachid Benzine, “Lettere a Nour”, già rappresentato in Belgio e in lettura al Festival di Avignone. L’uomo di cultura francese si è formato sui testi di Ricoer, Foucault e Derrida per poi tornare a leggere il Corano e a scrivere un bel libro di dialoghi interreligiosi con un prete cattolico, «Abbiamo tante cose da dirci». Qui immagina un intellettuale simile a sé che scrive alla figlia partita per l’Iraq per raggiungere il suo innamorato, un musulmano fondamentalista che aderisce all’Isis. Le ha insegnato che il Corano è libro di pace e tolleranza e si trova smarrito constatando come l’opposto della conoscenza non sia l’ignoranza ma la certezza inflessibile. Anche se alla fine ritroverà nell’atteggiamento di amore della figlia qualcosa di quello che aveva seminato. Ha scritto l’autore: «Sto lavorando da mesi su una domanda fastidiosa, una domanda che rimbalza sempre indietro come un’emicrania, ricorrente e familiare. Perché giovani uomini e giovani donne, nati nel mio stesso paese, dalla mia stessa cultura, decidono di partire per un paese in guerra e di uccidere in nome di un Dio che è anche il mio? Questa domanda violenta ha assunto una nuova dimensione la sera del 13 novembre 2015: una parte di me aveva appena attaccato un’altra parte di me, seminando morte e dolore. Come vivere con questo tormento? In risposta, a poco a poco, è nato un dialogo epistolare tra un padre-filosofo e sua figlia, partita per la jihad... Questo dialogo è impossibile, difficile, immaginavo». Affianco a Branciaroli, la giovane e talentuosa Marina Occhionero, regia di Giorgio Sangati, con musiche dal vivo del trio Mothra, in una produzione Ert, Centro Teatrale Bresciano. Incamminati.