«Autonomia giusta e infrastrutture, questo serve alle tre locomotive d’Italia»
Intervista ad Alberto Vacchi: il Passante? Collega le regioni virtuose, non dissipiamo le energie
Poco più di un anno fa è toccato a loro, le associazioni degli industriali di Bologna, Modena e Ferrara, fondersi per dar vita a Confindustria Emilia Area Centro. Oggi, a Maghera, al battesimo di Assindustria Veneto Centro, cioè l’aggregazione fra le territoriali di Padova e Treviso, a raccontare come sia andata finora quell’esperienza sarà lo stesso presidente emiliano, Alberto Vacchi, assieme al terzo vertice dell’ideale nuovo triangolo industriale del Nord, cioè l’Assolombarda (Milano più Monza e Brianza e Lodi) di Carlo Bonomi.
Presidente Vacchi, è esagerato parlare, in Veneto, di una data epocale?
«Lo è sicuramente. Nella competizione globale anche il lancio di percorsi aggregativi evoluti è un elemento importante, credo sia diffusa ormai la consapevolezza che, per chi fa qualità, industria e tecnologia, la massa critica vada ricercata dimenticando i campanili».
A questo nuovo triangolo nel cuore della pianura Padana ci crede davvero fino in fondo?
«Che siamo un triangolo virtuoso penso non ci siano dubbi. Potremmo trainare moltissimo l’intero Paese da un punto di vista economico però da soli faremmo certamente fatica. Da qui deve partire un messaggio chiaro per l’intero territorio italiano, cioè che non si possono più dissipare energie in politiche di sviluppo sbagliate».
Veneto, Emilia e Lombardia hanno oggi in comune forti istanze di autonomia. Cosa vorrebbe entrasse nel portafoglio delle deleghe emiliane?
«Intanto credo sia utile far notare come le stesse richieste giungano da aree del paese con orientamenti politici tradizionalmente diversi. Lo spirito di centrosinistra emiliano esprime gli stessi bisogni di quello di centrodestra di Veneto e Lombardia. Stiamo parlando di una autonomia corretta e giusta, non certo assoluta e nemmeno parente di una separazione dal Paese, impossibile quanto senza senso. Sulle deleghe non mi esprimo, sarebbe molto complicato. Comunque è fondamentale stare molto attenti a non ricreare centralismi nel centralismo».
Torniamo alla fusione delle territoriali venete. Il progetto è stato limato nei dettagli ma forse voi, che ci siete passati, qualche consiglio da dare lo avete.
«Eh, il rodaggio è un’altra cosa. È inevitabile che si creino problemi non previsti ma l’associazione grande dà certamente una grande forza ad una rappresentanza che ha bisogno di una veste diversa. Ci deve essere evidentemente la capacità di mettere insieme i vari asset e cercare i punti comuni. Diciamo che è un processo che si avvia e poi si autoalimenta. Una volta partita, credo che la macchina non troverà più grossi ostacoli».
Il Veneto però arriva da uno scenario economico recente messo a dura prova dal collasso di una parte importante del sistema del credito. Ci sono fragilità profonde che non c’erano nel contesto in cui le territoriali emiliane hanno trovato la formula per aggregarsi. Pensa possa essere un handicap nella genesi di Assindustria Veneto Centro?
«Credo che i problemi che dovevano emergere siano già stati tutti affrontati e superati e vedo nel modo in cui la crisi delle banche è stata fino ad oggi gestita la dimostrazione della grande forza del Veneto. Nonostante questo, cioè, la regione si sta velocissimamente allineando per essere locomotiva assieme a Lombardia ed Emilia Romagna».
Nodo infrastrutture. Anche in Emilia ci sono inquietudini per l’ipotesi di congelamento, da parte del nuovo governo, di opere molto attese, quali il passante autostradale di Bologna.
«Per noi è un intervento determinante. Al di là della perfettibilità, da considerare in questo come in ogni progetto, va ricordato che non si tratta solo di collegare Casalecchio di Reno a San Lazzaro di Savena, ma una parte d’Italia ad un’altra parte d’Italia. Non creiamo perciò il presupposto di stoppare l’investimento perché sarebbe veramente un problema».