Corriere di Bologna

«Dobbiamo adottare una figlia già nostra Ma così è umiliante»

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Per le coppie di papà il percorso è anche più duro rispetto a quello delle mamme. La nascita dei loro figli all’estero complica, e non di poco, la situazione. Giulio (nome di fantasia, ndr) fa l’avvocato e ha 57 anni. Un anno e mezzo fa ha avuto una bambina con il compagno Alessandro (nome di fantasia, ndr). Hanno appena iniziato il percorso della stepchild adoption e sanno che prima di arrivare a sentenza ci vorrà circa un anno.

«Ci eravamo informati sulla trascrizio­ne del nome del padre non biologico all’anagrafe e il sindaco Merola ci aveva convocato l’altro giorno insieme alle coppie di mamme. Ci abbiamo pensato e poi gli abbiamo scritto ringrazian­dolo, ma declinando l’invito, perché il limite di questa annotazion­e — spiega Giulio — è che si tratta di un atto amministra­tivo e politico. Questo atto amministra­tivo può essere impugnato in qualunque momento: i tempi sono bui. Dobbiamo pensare al futuro di nostra figlia. Potevamo esserci anche noi a Palazzo d’Accursio con la nostra bambina, che avrebbe potuto avere da subito due papà». Ma il timore che il nuovo governo remi contro alle unioni omogenitor­iali è troppo alto. Molte coppie gay preferisco­no rivolgersi al Tribunale dei minori. «La stepchild — spiega Giulio — prevede il riconoscim­ento di qualcosa che non c’è. Se ci si iscrive anche all’anagrafe, non è possibile rivolgersi anche al Tribunale dei minori. E noi vogliamo tutelare al massimo nostra figlia».

Ma avere più tutele costa caro, non solo in termini economici. «Procediamo, sapendo che dobbiamo adottare una figlia già nostra. È umiliante. Dobbiamo abbassare la testa e aspettare un anno. Questa attesa è dura, i servizi sociali verranno a casa a indagare sulla nostra vita. Perché non verificano con tutti se sono idonei come genitori?»

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