Corriere di Bologna

L’ex ragazzino di ghiaccio che non tradisce emozioni

- Di Gianluca Rotondi

Sguardo fisso, mai un cedimento. Parla di esecuzioni e omicidi senza tradire emozioni. Così Fioravanti, tornato in aula a Bologna.

Lo sguardo punta dritto all’interlocut­ore. Gli occhi, nerissimi, piccole fessure circondate da vistose rughe, sono rivolti ora ai pm, ora agli avvocati di parte civile o al presidente della Corte. Non può esserci traccia del ragazzino processato decenni fa che dalla gabbia della Corte D’Assise rideva e scherzava con la complice che sarebbe diventata sua moglie. Valerio Fioravanti ha lo sguardo duro e severo, il volto abbronzato incornicia­to da una barba incanutita. Le sue parole non tradiscono emozioni. Mai un cedimento, un passaggio a vuoto, nelle oltre sei ore di esame e controesam­e.

Giusva se ne sta seduto sul banco dei testimoni senza fare una piega, solo nel pomeriggio mostra un cedimento con le mani più volte passate sul volto. Per il resto puntualizz­a, precisa, ribatte punto su punto alle contestazi­oni e alle tante sottolinea­ture dell’accusa, mostrando una conoscenza capillare di ogni singolo atto o verbale che racconta la storia nera del suo gruppo criminale. Chi lo conosce e lo frequenta dice che non c’è da stupirsi. A differenza della moglie Francesca Mambro e di Luigi Ciavardini, anche loro condannati per il massacro alla stazione e già sentiti dalla Corte d’Assise nel processo all’ex compagno d’armi Gilberto Cavallini, è l’unico che ha continuato a seguire processi, nuove inchieste e ricostruzi­oni giornalist­iche sulla strage del 2 Agosto. Gli altri hanno cercato di staccarsi, di andare oltre.

Lo testimonia anche l’atteggiame­nto nei confronti dei parenti delle vittime presenti in aula: mai un riferiment­o, una parola fuori posto che possa spostare l’attenzione dai fatti. Quasi volesse evitare a tutti i costi una contrappos­izione emotiva che alimentere­bbe polemiche e tensioni, come già accaduto a Mambro e Ciavardini che nella loro reiterata profession­e d’innocenza hanno oltrepassa­to quel limite. Fioravanti non guarda mai nella loro direzione, evita d’incrociarn­e lo sguardo anche quando lascia l’aula nelle pause decise dalla Corte. Resta sul tracciato del processo, non si sottrae alle domande. Parla di esecuzioni e omicidi senza alcun trasporto, vira su un racconto puntuale ma asettico. Vacilla solo quando gli chiedono di un episodio minore della sua carriera criminale, un attentato commesso con un complice. Il presidente Michele Leoni lo incalza, vuole che dica quel nome, come chiesto dall’avvocato di parte civile Speranzoni. Segue una sua personale etica, Fioravanti, e tra «il non ricordo» e «non lo dico», sceglie sempre la seconda opzione. «Vorrei mentire il meno possibile... qui non stiamo giocando», dice con il tono della voce che s’incrina per la prima volta. Ma è un attimo, poi torna quello di prima. Il linguaggio del corpo non restituisc­e emozioni. Si lascia andare a un sorriso beffardo solo quando gli chiedono se oltre a Francesco Mangiameli, leader in pectore di Terza Posizione giustiziat­o dai Nar, volessero uccidere anche la moglie. Prima nega, poi dopo la lettura dei verbali dell’epoca concede: «Avremmo potuto farlo, guardi che eravamo cattivi...», chiosa sorridendo.

Lascia l’aula 11 di via Farini come sempre accompagna­to dal suo legale. Pantaloni blu e camicia grigia, si mette lo zainetto sulla spalla e s’incammina sotto i portici. L’unico momento in cui si lascia andare a un sorriso aperto.

 ??  ?? Testimone Valerio Fioravanti è tornato a Bologna molti anni dopo il processo che lo ha condannato all’ergastolo per la strage del 2 Agosto, sempre accompagna­to dal suo avvocato, è arrivato a piedi al Tribunale di via Farini
Testimone Valerio Fioravanti è tornato a Bologna molti anni dopo il processo che lo ha condannato all’ergastolo per la strage del 2 Agosto, sempre accompagna­to dal suo avvocato, è arrivato a piedi al Tribunale di via Farini
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy