Piranha e consolle, l’arte dei millennials
Mambo, la mostra curata da Balbi con 56 giovanissimi: «Abbiamo voluto osare»
Artisti italiani, o legati all’Italia nati dopo il 1980: sono i 56 protagonisti di «That’s IT!» la prima mostra al Mambo del direttore Balbi. Biliardi, play station, un acquario e video: l’arte senza confini.
Il loop sonoro che rimbomba all’ingresso del Mambo — installazione di Diego Marcon— sembra il preludio a un’indagine inquieta. Protetta da pellicole blu incollate sulle porte a vetri da Marco Giordano, è invece un ironico inganno che conduce a una mostra inondata di luce. «That’s it. Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine» — che inaugura oggi alle 19 (alle 22 live set al Biografilm park di Lorenzo Senni, che è anch’essa un’opera performance) — è la prima esposizione curata dal direttore Lorenzo Balbi a quasi un anno dal suo insediamento. «Non ci siamo posti limiti, e abbiamo invaso ogni spazio»: il biliardo simbolo di un sogno da realizzare (Egidio)alla reception, figure in metamorfosi di Giulia Cenci sulle scale, display sul soffitto e palchi colorati di Adelita Husni-Bey nell’aula didattica e poi play station e piranha. Le sale sono spogliate da tutte le sovrastrutture, le pareti mobili, le coperture; le vecchie ciminiere della sala grande sono di nuovo riconoscibili — «vorrei ripristinare i vecchi mattoni rossi ottocenteschi», confessa il direttore —— e dalle ampie vetrate che danno sui portici di via Don Minzoni si può vedere l’interno. Finestre si aprono anche dal primo piano della Collezione permanente, per visuali dall’alto. «Anche questo è il museo aperto di cui parliamo, ha commentato il presidente dell’Istituzione Musei Roberto Grandi: «Il Mambo è diventato trasparente».
Il lavoro di Balbi, «un po’ folle», parole sue, è stato quello di cercare e dare corpo al composito sguardo dei millenials, i nati dopo il 1980, proprio come lui. «Lo avevo annunciato — ricorda — Voglio dare un luogo ai giovani artisti italiani e su questo costruire l’identità del Mambo». Per «That’s IT», di artorno tisti ne ha selezionati 56 e la maggior parte ha realizzato opere appositamente per l’occasione. «Ho chiesto loro di autorappresentarsi in un contesto generazionale». Nessun tema imposto, quindi. Anche se, alla fine, si rincorrono riflessioni sull’identità del sé, sulla crisi economica e i mutamenti sociali, sui cui i millennials dimostrano di sapere giocare senza mugugni e immaginare oltre gli ostacoli. Pochi limiti anche sull’«italianità» degli autori. «Ho applicato una sorta di ius soli dell’arte — confida Balbi — È italiano chi è nato qui e qui è rimasto o si è trasferito altrove, ma anche uno straniero che si è formato qui e magari ha di nuovo lasciato il Paese, o che qui ha lavorato».
Campo libero anche su tecniche e materiali . I loro percorsi li conosciamo subito, tutti insieme, nella prima sala: i curriculum e le pubblicazioni che li riguardano sono ordinati attorno alle pareti. «Aggiungeremo altro materiale — anticipa Balbi — , come una sorta di centro di documentazione». Al centro, un ritratto collettivo, Us (self-portrait). È un acquario di piccoli piranha che nuotano at- a una testa di terracotta che appare coperta da un passamontagna. «I piranha sono piccoli, ma cresceranno nel corso della mostra — ci fa notare l’autrice Ruth Beraha — Sembrano pesciolini innocui. Come la testa coperta da un passamontagna: ci aspettiamo che debba lanciarsi in azioni violente, invece forse intende solo proteggersi.Gioco su questa ambiguità».
Lo sguardo sulla sala grande coglie poi gli idoli semidistrutti di Stefano Serretta; il calco rovesciato,in asfalto, di una buca profonda di una strada di Roma (Andrea De Stefani); il grande schermo che proietta il video degli Invernomuto dove rapper francesi figli di immigrati, attraversano luoghi vuoti d’Europa e il falsario «pensatore» in cemento che contiene un bitcoin (Diego Tonus) fino al piccolo «padiglione» di Carlo Gabriele Tribbioli che raccoglie in una cassettiera i cimeli — carcasse di animali, pietre, taccuini — di una Liberia in conflitto che si confronta con simboli sacri della guerra. Nella sala in fondo, il duo The Cool Couple siede su una tribuna in legno e gioca alla play station.Partite di calcio, «Pes». Ma le squadre si chiamano Arte Povera, Rinascimento, Dada...Con i volti degli artisti e magliette dedicate. «Abbiamo costumizzato anche le caratteristiche tecniche. Futurismo, per esempio, gioca in attacco ed è molto veloce — raccontano — Come ha scritto il direttore della rivista Oof il calcio realizza quello che l’arte cerca di fare da una vita: trasmettere emozioni. Noi mettiamo in scena la competitività che ancora la governa». La finale del torneo si disputerà la sera dell’inaugurazione. Irene Fenara, bolognese, invece, ha curiosato nelle telecamere wireless che si trovano in rete nel mondo ed è andata in loco a farsi riprendere: lei in un mondo esibito.
Anche il catalogo, infine è un’opera d’arte. Si smonta, si assembla e lo stesso font e la grafica sono lavori degli artisti Federico Antonini e Alessio D’Ellena.
L’idea Balbi: «Sono tutti artisti italiani ma secondo un concetto di ius soli dell’arte: lo sono anche gli stranieri che hanno lavorato qui»