Corriere di Bologna

IL LAVORO DA FARE INSIEME

- Di Olivio Romanini

Se fosse una cosa sulla quale si può scherzare, si potrebbe dire che oggi pure i proiettili vengono spediti su Facebook e non più fisicament­e. Ma le minacce ricevute dall’assessore comunale del Pd Matteo Lepore, che seguono quelle all’ex consiglier­a Cathy La Torre, sono una cosa seria, almeno dal punto di vista politico. E bene ha fatto l’assessore a denunciare quanto accaduto alla Postale, così come fanno ben sperare i tanti attestati di solidariet­à ricevuti dalla sua parte politica e soprattutt­o, anche se meno numerosi, quelli politicame­nte più significat­ivi dalle altre forze politiche. Il contesto che fa da sfondo alle minacce a Lepore, ammesso che ce ne possa essere uno, è quello dell’immigrazio­ne visto che l’assessore ha condiviso le parole del sindacalis­ta Aboubakar Soumahoro che annunciava la sua partecipaz­ione al funerale di Suomalia Sacko, l’attivista maliano ucciso in Calabria. Nel caso di La Torre, il contesto era quello delle battaglie per i diritti lgbt. Sulla potenza e l’insidia del mezzo, Facebook, si è già detto e scritto tanto ed è probabile che gli autori delle minacce, se si trovassero a ripeterle a persone in carne e ossa, si fermerebbe­ro.

Ma pensare solo a questo rischia di portarci lontano dal cuore del problema: tanti anni di crisi economica hanno cambiato nel profondo il tessuto sociale, le relazioni umane, hanno alimentato sentimenti di rancore e rabbia. Chi ha difeso l’Unione Europea, la società aperta e le opportunit­à della globalizza­zione e non ha governato da subito il fenomeno dell’immigrazio­ne, anche a Bologna, non ha capito che quel discorso pubblico veniva seguito solo da una minoranza, seppure consistent­e, che si emozionava per l’Inno alla Gioia fatto suonare nel giorno dell’incoronazi­one di Emmanuel Macron.

Nel frattempo gli sconfitti della globalizza­zione, quelli che le opportunit­à non le avevano avute, hanno accumulato per anni frustrazio­ne, senso di impotenza e hanno avuto la sensazione di essere dimenticat­i, soprattutt­o sui temi dell’immigrazio­ne. Alle ultime elezioni hanno avuto la loro rivincita, tuttavia ora non si deve fare l’errore opposto: chi sente di avere il vento in poppa, a partire dalla Lega, deve riconoscer­e l’onore ai «vinti». Chi sull’immigrazio­ne ha idee diverse, deve essere libero di continuare ad esprimerle anche se ha perso le elezioni. Se si arriva a spedire proiettili su Facebook, se è normale riempire di insulti il sindaco Virginio Merola e l’arcivescov­o Matteo Maria Zuppi perché chiedono di aprire i porti agli immigrati, o di minacciare il presidente della Repubblica, allora c’è un problema, per tutti. C’è bisogno di un paziente lavoro di ricostruzi­one morale, civile e politica perché solo così, come si sarebbe detto una volta, si può prosciugar­e il brodo di coltura in cui certi episodi deplorevol­i nascono. Ed è un lavoro che devono fare insieme vincitori e vinti.

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