IL LAVORO DA FARE INSIEME
Se fosse una cosa sulla quale si può scherzare, si potrebbe dire che oggi pure i proiettili vengono spediti su Facebook e non più fisicamente. Ma le minacce ricevute dall’assessore comunale del Pd Matteo Lepore, che seguono quelle all’ex consigliera Cathy La Torre, sono una cosa seria, almeno dal punto di vista politico. E bene ha fatto l’assessore a denunciare quanto accaduto alla Postale, così come fanno ben sperare i tanti attestati di solidarietà ricevuti dalla sua parte politica e soprattutto, anche se meno numerosi, quelli politicamente più significativi dalle altre forze politiche. Il contesto che fa da sfondo alle minacce a Lepore, ammesso che ce ne possa essere uno, è quello dell’immigrazione visto che l’assessore ha condiviso le parole del sindacalista Aboubakar Soumahoro che annunciava la sua partecipazione al funerale di Suomalia Sacko, l’attivista maliano ucciso in Calabria. Nel caso di La Torre, il contesto era quello delle battaglie per i diritti lgbt. Sulla potenza e l’insidia del mezzo, Facebook, si è già detto e scritto tanto ed è probabile che gli autori delle minacce, se si trovassero a ripeterle a persone in carne e ossa, si fermerebbero.
Ma pensare solo a questo rischia di portarci lontano dal cuore del problema: tanti anni di crisi economica hanno cambiato nel profondo il tessuto sociale, le relazioni umane, hanno alimentato sentimenti di rancore e rabbia. Chi ha difeso l’Unione Europea, la società aperta e le opportunità della globalizzazione e non ha governato da subito il fenomeno dell’immigrazione, anche a Bologna, non ha capito che quel discorso pubblico veniva seguito solo da una minoranza, seppure consistente, che si emozionava per l’Inno alla Gioia fatto suonare nel giorno dell’incoronazione di Emmanuel Macron.
Nel frattempo gli sconfitti della globalizzazione, quelli che le opportunità non le avevano avute, hanno accumulato per anni frustrazione, senso di impotenza e hanno avuto la sensazione di essere dimenticati, soprattutto sui temi dell’immigrazione. Alle ultime elezioni hanno avuto la loro rivincita, tuttavia ora non si deve fare l’errore opposto: chi sente di avere il vento in poppa, a partire dalla Lega, deve riconoscere l’onore ai «vinti». Chi sull’immigrazione ha idee diverse, deve essere libero di continuare ad esprimerle anche se ha perso le elezioni. Se si arriva a spedire proiettili su Facebook, se è normale riempire di insulti il sindaco Virginio Merola e l’arcivescovo Matteo Maria Zuppi perché chiedono di aprire i porti agli immigrati, o di minacciare il presidente della Repubblica, allora c’è un problema, per tutti. C’è bisogno di un paziente lavoro di ricostruzione morale, civile e politica perché solo così, come si sarebbe detto una volta, si può prosciugare il brodo di coltura in cui certi episodi deplorevoli nascono. Ed è un lavoro che devono fare insieme vincitori e vinti.