Corriere di Bologna

Salvini nel mirino «Un Paese ridotto all’odio»

- Di Beppe Persichell­a

Dice di non essere spaventato per sé, ma «per lo stato del dibattito pubblico nel Paese. L’odio è ormai quotidiano». L’assessore Matteo Lepore, minacciato di morte sul web, va avanti e contrattac­ca. «Il linguaggio di Salvini incide. L’odio non va usato come strumento di battaglia politica».

” Chi ha ruoli di responsabi­lità dovrebbe sapere che l’odio non va usato come strumento di battaglia politica, come amministra­tori abbiamo il compito di portare avanti un’idea di speranza

Quando dopo una lunga mattinata passata tra Questura e polizia postale sale di corsa le scale di Palazzo d’Accursio dove ad aspettarlo ci sono i cronisti, Matteo Lepore punta con lo sguardo dritto verso le telecamere per dire «che no, non sono preoccupat­o per me». E per quanto sia difficile capire quale sia la reazione più appropriat­a di fronte a delle minacce di morte ricevute non da una persona in carne ed ossa ma da un anonimo su Facebook, in effetti l’assessore alla Cultura non sembra aver paura per sé «ma per lo stato del dibattito pubblico nel Paese».

Perché quando qualcuno mette online la foto di un proiettile è sempre una questione di sicurezza, ma quando tutto questo accade come reazione a un post per ricordare i funerali di Soumalia Sacko, il sindacalis­ta ucciso in Calabria, allora diventa anche una faccenda politica. Ancor di se non si tratta di un caso isolato. E non lo è, visto che soli pochi giorni fa lo stesso è accaduto all’avvocato per i diritti lgbt ed ex consiglier­a comunale di Sel, Cathy La Torre. Lepore ne è consapevol­e, sa pure che il terreno è scivoloso, ma questa volta non se la sente proprio di non affrontare il cuore della questione. «L’odio — dice — è ormai quotidiano».

L’assessore cita anche lo scrittore Roberto Saviano, e da lì arrivare al ministro dell’Interno Matteo Salvini è davvero un attimo. Perché queste minacce stanno toccando «chiunque porti avanti un’idea diversa di sicurezza, ma anche di diritti e di libertà». Diversa dal pensiero di Salvini, che in questa fase storica risulta essere predominan­te. «Il suo linguaggio incide, anche perché quotidiana­mente Salvini fa post su Facebook, Twitter e Instagram in cui si vanta di aver respinto migranti in mare, quando in realtà sappiamo che gli sbarchi stanno continuand­o. Chi ha ruoli di responsabi­lità dovrebbe sapere che l’odio non va usato come strumento di battaglia politica, anzi come amministra­tori abbiamo il compito di portare avanti un’idea di speranza. Per questo vogliamo essere una città senza paura». E secondo Lepore un’amministra­zione comunale può, se non silenziare, emarginare, isolare tutti gli anonimi hater che sui social minacciano o insultano. Spronando i cittadini a uscire di casa, a incontrare altri cittadini, a divertirsi.

«Sono 2.300 gli appuntamen­ti che promuoviam­o con Bologna Estate con cui invitiamo le persone a venire in piazza e a non rimanere intimiditi davanti allo schermo del cellulare o del computer solo perché quattro sfigati pensano che attraverso un’immagine si possano intipiù midire persone con un ruolo pubblico, o cittadini inermi come le vittime di violenza contro le donne e di bullismo». Questo prova a fare il Comune, mentre altro avrebbe dovuto fare il suo partito e il precedente governo. Perché visto che di immigrazio­ne si parla, visto che è per un suo post di solidariet­à a un cittadino straniero che è stato minacciato, allora Lepore ha voluto ricordare altri dati, quelli che riguardano gli sbarchi in Italia, scesi «dai 70.000 del 2017 ai 17.000 di quest’anno, prima che arrivasse il ministro Salvini, che si dedica a Twitter mentre dovrebbe pensare agli italiani».

Perché, insiste l’assessore alla Cultura, «il vero problema che abbiamo sul fronte immigrazio­ne è la legge Bossi-Fini, che il Partito democratic­o non ha avuto il coraggio di abolire e che questo governo non avrà il coraggio di abolire». Un nuovo governo, che «sfrutta l’odio che scorre sui media e sui social», conclude Lepore con lo sguardo fisso, sempre più fermo, verso le telecamere.

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