I rider e il sogno del contratto unico
Incontro con ministro, sindacati e aziende. Sgnam: «Assunzioni insostenibili»
«Puntiamo a creare un contratto collettivo nazionale per i rider, il primo in Europa». A dirlo è Luigi Di Maio, il neoministro del Lavoro, dopo l’incontro, tenuto ieri al Mise, il primo con le principali piattaforme del food delivery, i rider, le associazioni di categoria e i leader di Cgil, Cisl e Uil. Un inedito confronto vis a vis, dove ognuno ha fatto le proprie proposte per arrivare a normare un settore intero.
Anche se, come riferiscono gli addetti ai lavori, parlare di contratto collettivo nazionale è ancora prematuro. «Per ora si procederà — come sottolineano i sindacati — sul piano delle tutele minime da garantire, e dopo di che si affronterà il tema clou» su cui da sempre si scontrano rider e aziende, ossia la definizione del rapporto di lavoro. Per i ragazzi delle consegne dovrebbe essere subordinato, mentre per le aziende al massimo, in alcuni casi, si potrebbe arrivare ad un co.co.co. «Chiediamo il riconoscimento della subordinazione per un motivo semplice: è il contratto che garantisce tutte le tutele possibili — spiega Maurilio Pirone di Union Rider Bologna —. Il governo durante l’incontro ha preso atto di questa distanza abissale che c’è tra noi e le piattaforme, e si è deciso di procedere per punti. Intanto miriamo ad ottenere le tutele minime garantite, e poi speriamo si arrivi al contratto nazionale per davvero».
Per tutele minime si intende: un monte ore garantito, un salario minimo, una copertura assicurativa per infortunio e malattia, contributi previdenziali, divieto di cottimo, abolizione di meccanismi di ranking e diritti sindacali.
«Dal tavolo è emersa la volontà di lavorare a un contratto collettivo nazionale per i ciclofattorini — ha dichiarato il vicepremier Di Maio —. Si obietta che questo sia un tipo di lavoro che prevede un impegno di poche ore. Ma una cosa è quello che offrono le piattaforme e un’altra è l’esigenza di lavoro da parte dei giovani. Un compenso minimo orario, tutele Inail e Inps, il diritto a non dipendere da un algoritmo per il pagamento, e infine un contratto con dettagli chiari. Le piattaforme discutono della natura del contratto, subordinato o a collaborazione. Ma questo verrà risolto in sede di contrattazione. Sono molto contento, ma questo tavolo è solo l’inizio. Ogni giorno questi ragazzi rischiano la vita, ma senza tutele minime per la loro incolumità».
Sui tempi Di Maio non ha però fornito indicazioni precise e ha detto che nei prossimi giorni sentirà ancora le parti. Per i rider la questione può essere racchiusa in due richieste: riconoscimento della verticalità del rapporto di lavoro subordinato e tutele piene. Al tavolo c’era anche Sgnam, il portale di consegna a domicilio nato sotto le Due Torri, il più grande tra le realtà italiane attive nel settore. L’unica piattaforma che a maggio ha deciso di firmare la Carta di Bologna per i diritti dei lavoratori digitali, che ha ribadito la sua posizione: «A nostro avviso, come hanno spiegato anche i sindacati, bisogna partire dalle tutele minime da garantire ai fattorini — spiega Giovanni Cavallo, fondatore di Sgnam —. Un rapporto di lavoro subordinato per noi sarebbe insostenibile a livello economico: ci abbiamo già provato in passato. Allora, tra l’altro, furono anche gli stessi rider a tirarsi indietro per avere più flessibilità».