Corriere di Bologna

«Io, mio padre ucciso dalle Br e Occhipinti»

Giorgio Bazzega: «Vivevo nell’odio ma la giustizia non è vendetta. E adesso mi sento libero»

- Andreina Baccaro

Si può guardare negli occhi la persona che ritieni abbia armato la mano di chi ha ucciso tuo padre e dargli un pacca sulla spalla? Giorgio Bazzega l’ha fatto ma il perdono, dice, non c’entra niente. Oggi 44enne, figlio del maresciall­o Sergio Bazzega ucciso in un conflitto a fuoco con il brigatista Walter Alasia morto anche lui, il 15 dicembre ’76 a Sesto San Giovanni, quando Giorgio di anni non ne aveva neanche 3. Dieci anni fa accettò di incontrare in carcere Marino Occhipinti, uno degli ergastolan­i della banda della Uno Bianca, oggi libero da pochi giorni, e con lui ha avviato un percorso di giustizia ripartiva.

Perché non vuole che si parli di “perdono”?

«Perché è una parola riduttiva, che rischia di mettere una pietra tombale su un percorso come quello della giustizia ripartiva che è lungo e complesso. Io non sono andato lì a perdonare Occhipinti, anzi, non ha idea di quanto io sia stato duro con lui. Gli ho detto “mio padre indossava la divisa da poliziotto perché aveva giurato sui valori della Costituzio­ne ed è morto per quelli, tu perché c… indossavi quella divisa?”. Ma davanti a me ho trovato un uomo devastato dal dolore e dalla sofferenza, faceva fatica a parlare, venne lì con sua figlia e pensare che ha dei figli mi ha aiutato a capire che noi vittime non abbiamo il monopolio del dolore. Ci sono persone che uccidono, ma quello che fanno devasta le vite anche di chi gli sta intorno, non solo le nostre. Non voler incontrare i colpevoli di questi reati toglie la possibilit­à di sbattergli in faccia il dolore delle vittime, li deresponsa­bilizza invece di costringer­li ad affrontare quel peso. È più educativo che sbattere una persona per anni in una cella fatiscente».

Prima di arrivare a questa consapevol­ezza lei però ha pensato per anni alla vendetta…

«Sì, ho avuto una forte dipendenza dall’odio, traslata anche sulle sostanze stupefacen­ti, ma nella mia vita sono stato fortunato perché ho incontrato persone fantastich­e. Una di queste è Manlio Milani (presidente associazio­ne vittime di piazza della Loggia,ndr), mi ha insegnato che noi vittime non possiamo rimanere cristalliz­zati in quel ruolo, dobbiamo tornare protagonis­ti. Io non ce la facevo più a restare attaccato al momento della morte di mio padre, vivi come attaccato ad un elastico, che ogni si tanto si allenta ma poi si ritrae con violenza all’improvviso e ti riporta a quel momento. La giustizia ripartiva ti aiuta a rendere meno violento quell’impatto, anche se il dolore non scompare. A me ha ridato la mia vita».

I killer della Uno Bianca però hanno seminato per anni morte e dolore, i familiari delle vittime oggi non possono comprender­e che Occhipinti sia libero, si sente di dire loro qualcosa?

«Non voglio sembrare un professore che dà lezioni ad altri, posso solo dire che noi non siamo come chi uccide ma non dobbiamo dare ad altri il potere di farci diventare quello che non siamo. Quando meditavo la vendetta non ero io, ero dominato dall’odio, sbandierav­o i valori della Costituzio­ne ma la giustizia non è vendetta e l’articolo 27, che stabilisce la funzione rieducativ­a della pena, è stato fortemente voluto proprio da Aldo Moro. Ecco, mio padre indossava una divisa per difendere quei valori democratic­i e restare ancorati ad essi è il miglior modo di onorare i nostri cari che non ci sono più ma hanno dato la vita per la democrazia. Una persona che rientra nella società è una vittoria per la democrazia».

Poi un giorno ha incontrato Renato Curcio, che considera il mandante di chi ha ucciso suo padre…

«Sì, per anni è stato in cima alla mia lista, mi sono allenato una vita a Thai Boxe pensando a quel momento. Poi qualche anno fa, avevo già intrapreso il mio cambiament­o, era in un centro sociale a presentare un libro a pochi metri da casa mia e ci sono andato. Quando mi ha visto e ha capito chi ero ha iniziato a tremare e a indietregg­iare, pensava l’avrei picchiato. Invece mi sono avvicinato, gli ho dato una pacca sulla spalla e gli ho detto “stai tranquillo, non ti tocco”. Ecco, in quel momento mi sono sentito libero».

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 ??  ?? Carnefici Marino Occhipinti, uno degli ergastolan­i dlella banda della Uno Bianca, ora libero
Carnefici Marino Occhipinti, uno degli ergastolan­i dlella banda della Uno Bianca, ora libero
 ?? Vittime ?? Giorgio Bazzega, e sopra,, la scena dell’assassinio del padre, il poliziotto Sergio Bazzega
Vittime Giorgio Bazzega, e sopra,, la scena dell’assassinio del padre, il poliziotto Sergio Bazzega

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