Quella lettera al nipote perduto
Oggi al Teatro Alighieri in prima nazionale lo spettacolo di Bill T. Jones «A Letter to My Nephew». Il titolo allude agli scritti ribelli di James Baldwin, ma si concentra sul talento del giovane Lance, perso tra droga e malattia
Le sfilate di moda sfarzose e pezzi di vita passati ai margini, tra strada e un letto d’ospedale. Le luci delle passerelle e il buio del marciapiede. Flashback stranianti. Il contrasto è accecante. Le immagini colpiscono come schegge. Se il concetto di danza per Bill T. Jones è stato sempre vicino alla politica, o per meglio dire è strumento politico, dagli inizi con il fotografo e compagno Arnie Zane, con cui collaborò a lungo, e ancora di più dopo la sua morte prematura, questo nuovo lavoro del coreografo statunitense, «A Letter to My Nephew» che vedremo in scena stasera al Teatro Alighieri di Ravenna in prima nazionale (e spettacolo di punta per Ravenna Festival, ore 21.30, info 0544/249244), nella sua intimità, nel suo rivelarsi meno aspro, duro, ruvido rispetto ai suoi spettacoli più scomodi, percorre la stessa strada, in piena coerenza dello stile versatile di questo coreografo, ballerino, regista teatrale e scrittore che nel 2000 fu definito dal Dance Heritage Coalition «un insostituibile tesoro della danza». L’allusione potrebbe confondere. Apparentemente infatti il titolo sembra riferirsi agli scritti ribelli dello scrittore James Baldwin, ma in realtà si concentra su suo nipote Lance. Chi era Lance? Era un giovane talentuoso, prima di tutto. Lance T. Briggs, questo il nome completo, ex danzatore, modello e artista baciato presto dal successo, perde tutto della sua vita scintillante in cambio di un’esistenza da randagio. Vive sulla strada, si prostituisce, fa uso di droga. Finisce in quelli che chiamiamo brutti giri. E, malato di Hiv, è costretto a lunghe degenze a letto a causa di una paralisi. In un certo senso se la cava, e sebbene abbia perso l’uso delle gambe, quattro anni fa comincia a lavorare con suo zio a un progetto di teatro danza incentrato sulla sua storia. Il titolo? «Analogy/Lance». Bill, riflettendo su quella esperienza, ha raccontato poi: «La controversa relazione con mio nipote è stato il punto di partenza per riflettere sul momento contingente». Da lì alla nascita di questo spettacolo è stato un passo relativamente breve. È qui che si inserisce la questione politica e sociale. Lo spettacolo viene pensato per la prima volta in Francia, durante una tournée. È il 2015 e in Europa tiene banco il tema dei rifugiati. «Fin da subito – sottolinea il coreografo – sembra che questa creazione abbia dovuto confrontarsi con la coscienza di quest’epoca: la notte della prima parigina è stata anche la notte dell’attacco al Bataclan». L’affresco che vedremo in scetando na stasera è una sorta di crocevia di tanti elementi che hanno intersecato, in quel preciso periodo, le vite personali con quelle di tutti. Lo si intuisce dallo stile dei movimenti, dall’apparire dei personaggi di strada, dal tipo di camminata, dalla presenza della house music. Jones li ha pensati «vedendo» da un lato suo nipote che li ha vissuti, dall’altro rappresen- un mondo complesso, equivoco «che non conosco personalmente, ma che ho conosciuto tramite lui. Ho concepito questa serata come una sorta di cartolina inviata dallo zio al nipote dal luogo specifico in cui si trova in quel momento». Lo spettacolo si avvale delle proiezioni di Janet Wong, che ha collaborato alla coreografia, e dalla partitura eseguita dal vivo dal compositore Nick Hallett e dal baritono Matthew Gamble. Tutto sembra snodarsi e svilupparsi come un mosaico concentrico di immagini dentro il quale nove danzatori eseguono movimenti dialoganti e ogni azione ci riporta a un momento presente. Come un fotogramma di uno specifico luogo in continua trasformazione. È lo stile di Jones, il cui repertorio è sempre stato estremamente vario nelle tematiche, nell’impatto visivo e nell’approccio stilistico al movimento. Tutti passaggi, questi, sviluppati senza mai rinunciare alla sua vocazione dell’impegno politico e sociale. E ciò attraverso creazioni che sono entrate nella storia, come Last Supper at Uncle Tom’s Cabin/The Promised Land, come Still/Here del 1994, o come la creazione sitespecific Another Evening, vista in Italia alla Biennale di Venezia. La sua compagnia, la Bill T. Jones / Arnie Zane Company conserva sempre lo stesso nome, naturalmente – ora sta portando in tournée Body Against Body, una sorta di retrospettiva presentata come una galleria di intimi passi a due che raccontano la storia dei 34 anni di attività del gruppo. E pensare che la prima volta che mise piede su un palcoscenico, ancora liceale, voleva fare l’attore.