Ferrari: «Questo governo non conosce le nostre aziende»
Il presidente di Confindustria: a settembre chiamo i parlamentari e li porto a visitare le aziende
«Sarebbe folle fermare le infrastrutture e bloccare l’Emilia. Ho l’impressione che questo governo non conosca le imprese d’Emilia, per questo a settembre inviterò i parlamentari a visitare le aziende». Lo dice in un’intervista il presidente di Confindustria regionale, Pietro Ferrari.
Come valuta le prime mosse del nuovo governo Conte in riferimento alle imprese dell’Emilia-Romagna?
«Sono preoccupato — dice il presidente di Confindustria Emilia-Romagna, Pietro Ferrari — perché ho la sensazione che il modello imprenditoriale dell’Emilia non sia ben compreso, proprio ora che abbiamo ripreso velocità e che sono aumentati gli investimenti. Siamo come un aereo che sta decollando e questo è il momento di massimo sforzo, le aziende cominciano ad essere più solide e anche tutta la rete dei sub-fornitori comincia a migliorare».
E ha paura che vi tirino giù?
«Io vedo che il governo si occupa dell’offerta e non della domanda dell’economia e mi sembra che non conosca il modello emiliano ma nemmeno quello di Lombardia e Veneto, le ragioni che stanno trainando l’economia. Per questo mi è venuta un’idea».
Quale idea?
«A settembre voglio organizzare un incontro con i parlamentari di tutti i partiti eletti in Emilia e poi portarli a visitare le aziende. L’Emilia non è fatta solo di grandi marchi come Ducati, Lamborghini, Ima, Ferrari ma ci sono moltissime aziende medie e piccole e voglio portare i deputati a conoscere i problemi del territorio. Il 90% delle imprese è sotto i 50 dipendenti e ho l’impressione che non conoscano i fenomeni e la realtà delle imprese. Noi non ci possiamo occupare solo del 20% delle imprese più performanti ma anche del resto delle aziende che dobbiamo aiutare a crescere».
Dunque viene da pensare che il decreto Dignità del ministro Di Maio non vi convince?
«Il decreto conferma una visione minima dell’economia. Sul tema dei contratti un minimo di flessibilità poi è indispensabile. Ho visto che c’è molta attenzione al tema
” Siamo come un aereo che sta decollando, e questo è il momento di massimo sforzo. Loro si occupano dell’offerta e non della domanda
” La nostra regione non è fatta soltanto di grandi marchi, ci sono realtà piccole e medie Porterò i deputati a conoscere i problemi
” Ho l’ottimismo della razionalità, il passante deve essere fatto perché siamo la prima regione italiana per export
dei rider, capisco che vadano regolamentati ma quel tema non è il problema dell’economia italiana, in molti casi si tratta di ragazzi che si pagano gli studi e poi vanno a fare altro».
Veniamo al capitolo delle infrastrutture. In teoria sono a rischio sia la Cispadana, che la Campogalliano-Sassuolo e soprattutto rischia di essere fermato il progetto del passante di Bologna.
«Anche su questo sono molto preoccupato perché la nostra è una regione di passaggio, perché le infrastrutture servono alle imprese e alle persone e perché non vorrei che l’Emilia-Romagna subisse una sorta di penalizzazione politica. Non posso neanche prendere in considerazione che si blocchi l’Emilia, sarebbe una cosa folle, non ce lo possiamo permettere, ci sarebbero conseguenze negative per i prossimi vent’anni».
I Cinque Stelle hanno proposto in alternativa all’allargamento in sede di tangenziale e autostrada la banalizzazione, in pratica una sola tangenziale al posto dell’attuale sistema misto autostrada-tangenziale nel passaggio a Bologna. Come valuta questa proposta?
«Non lo prendo neanche in considerazione, è una semplificazione o, come dice la parola, la banalizzazione di un problema complesso su cui si studia da anni».
Ieri è stata decisa la convocazione della conferenza dei servizi per il passante di Bologna: se ne discuterà al ministero delle Infrastrutture a partire dal prossimo 23 settembre. Resta ottimista?
«Ho l’ottimismo della razionalità, deve essere messo in pratica il progetto di cui si parla da anni perché stiamo parlando della prima regione per export in Italia: bisogna abbandonare l’ideologia e concentrarsi sui numeri. E servono naturalmente anche la Cispadana e la Campogalliano-Sassuolo».
La Regione ha portato avanti le sue istanze al governo anche per il riconoscimento dell’autonomia, un percorso cominciato con il governo Gentiloni. Pensa che si arriverà a qualche risultato?
«Non ci devono essere corsie preferenziali, dobbiamo essere paritetici su questa partita rispetto al Veneto e alla Lombardia, l’Emilia fa parte del Paese e deve essere trattata come le altre regioni».
Dal suo osservatorio come vanno le cose? Che cosa dice il barometro dell’economia?
«L’economia non ha la pulsazione vibrante dell’anno scorso, la Germania sta rallentando e i dubbi sulla nostra partecipazione all’Europa e all’Euro non ci lascia tranquilli. Lo spread cresce perché continuano ad uscire dichiarazioni superficiali su questi temi chiave e lo spread lo paghiamo noi».
E a Bologna come vanno le cose?
«Io penso che la politica bolognese debba fare un salto di qualità, serve un po’ più di sprint. Bologna può ambire ad essere una delle città più importanti d’Europa, non deve fare discussione da Paese»