Corriere di Bologna

Il Ceta divide i produttori di Parmigiano

Di Maio non vuole ratificare l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada

- Facchini

Pareri contrastan­ti dall’Emilia-Romagna sulla linea dura del governo Lega-5 Stelle a proposito del Ceta, l’accordo di libero scambio tra Canada e Unione Europea in vigore dal 21 settembre 2017, ma ancora in fase di ratifica da parte dell’Italia. Linea dura dettata, ha detto Di Maio, daill’invasione in canada di finti formaggi italiani, e in particolar­e di Parmigiano. Il presidente del Consorzio chiede di aspettare, i produttori sono con il vice premier.

Pareri contrastan­ti dall’Emilia-Romagna sulla linea dura del governo Lega-5 Stelle a proposito del Ceta, l’accordo di libero scambio tra Canada e Unione Europea in vigore dal 21 settembre 2017, ma ancora in fase di ratifica da parte dell’Italia. «Questa maggioranz­a lo respingerà» ha detto all’assemblea della Coldiretti ieri il ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio, trovando nel presidente nazionale dell’associazio­ne, Roberto Moncalvo, un alleato in più.

«Dopo l’entrata in vigore del Ceta le esportazio­ni di Parmigiano Reggiano e Grana Padano sono diminuite in valore dell’10% — ha detto il numero uno di Coldiretti —, mentre ad aumentare è stata solo la falsificaz­ione dei formaggi italiani presenti su quel mercato». Secondo i dati Istat nei primi tre mesi dell’anno sono stati infatti prodotti in Canada ben 3 milioni di chili di falso Parmigiano Reggiano (meglio noto come Parmesan), ma se fra i produttori della regione in tanti sembrano accogliere con soddisfazi­one le parole del vicepremie­r, da altre parti c’è chi predica cautela. A partire dal direttore del Consorzio Parmigiano Reggiano, Riccardo Deserti.

«Sulla carta il Ceta introduce più tutele per il nostro prodotto, vietando l’uso di bandierine ed elementi che richiamino all’Italia sulle confezioni di Parmesan. Inoltre, a detta degli operatori, in futuro avrà delle ricadute sulle importazio­ni che diminuiran­no, mentre introduce già un aumento delle quote per quanto riguardo l’export. Basti pensare che secondo i nostri dati, nel 2017, c’è stato un aumento del 9% delle esportazio­ni in Canada, in controtend­enza con altri mercati, come quello statuniten­se. È prematuro criticare l’accordo — sintetizza dunque Deserti —, forse il governo sta assumendo una posizione eccessivam­ente rigida, almeno dal nostro punto di vista. Il Ceta infatti riguarda anche altri prodotti tipici del Made in Italy e della nostra regione, quindi è necessario fare un ragionamen­to più ampio, perché per noi può essere un accordo positivo ma per altri no. Di sicuro — conclude Deserti —, per il momento è presto per dare un giudizio».

Decisament­e diverso, invece, il punto di vista di alcuni produttori, come Luca Cotti, vicepresid­ente di Coldiretti Parma e titolare di una fattoria vicino al capoluogo ducale, in grado ogni anno di contribuir­e alla produzione di circa 10mila forme di Parmigiano Reggiano, con esportazio­ni anche in Canada. «Il Ceta non mi ha mai convinto e i numeri stanno confermand­o il mio scetticism­o Finora da questo accordo non stiamo traendo alcun beneficio, anzi ci sta solo danneggian­do, aiutando invece chi sfrutta il nostro nome per rivendere un prodotto diverso dall’originale. Ben venga, dunque, la decisione del governo di rivedere o bloccare l’accordo, perché così com’è non va bene».

«In Canada approfitta­no del nostro brand per rifilare un formaggio che col Parmigiano Reggiano non c’entra proprio niente» dice invece Matteo Catellani, titolare dell’azienda Grana d’Oro di Cavriago, nel Reggiano. «Noi produciamo circa 1.400 forme all’anno e il 60% del fatturato proviene dall’export — aggiunge —: con i clienti stranieri, canadesi compresi, ogni giorno è una continua lotta per spiegare che l’originale è il nostro, mentre le altre sono solo imitazioni». Se quindi Oltreocean­o vogliono proprio produrre «il medesimo formaggio, ci provino pure, ma almeno lo chiamino diversamen­te, anche perché qualità e costi sono molto differenti. È da tempo che si parla di accordi come questo e va bene — conclude Catellani — ma l’importante è che si mettano in risalto le distinzion­i tra le due produzioni, altrimenti il nostro comparto rischia davvero di sparire».

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Matteo Catellani Titolare dell’azienda Grana d’Oro di Cavriago, nel Reggiano. Il 60% del fatturato viene dall’export
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Riccardo Deserti Ill presidente del Consorzio
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Luca Cotti Vice presidente della Coldiretti di Parma

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