Stefano Accorsi «Porto le radici sullo schermo»
Stefano Accorsi stasera sarà a «Piazze di Cinema» a Cesena e domani in Piazza Maggiore per la presentazione del film «Veloce come il vento» di Matteo Rovere e all’Arena Puccini per «A casa tutti bene» di Gabriele Muccino
Le radici sono importanti, dice Stefano Accorsi. Anche se a Bologna ci torna ormai poco e quando torna lo fa per lavoro, quando è qui cerca sempre di conciliare anche famiglia e amici. Le radici sono importanti anche per affrontare un personaggio perché «lo senti, non viene dal carattere». E tipologie umane come Alex, l’adolescente bolognese tormentato di
Jack Frusciante è uscito dal gruppo, il film di Enza Negroni che lo ha lanciato, Freccia, di Radiofreccia di Ligabue che lo ha consacrato, o Loris di Veloce come il vento,
ne ha visti in giro parecchi per la regione. Oggi e domani l’attore bolognese torna nella sua terra. Stasera, a Cesena, è ospite della rassegna «Piazze di cinema» che lo omaggia con una retrospettiva che contempla anche una mostra. E domani, doppio appuntamento a Bologna, ospite della Cineteca. Prima in Piazza Maggiore, per presentare Veloce come il vento
(21.45), il recente film diretto da Matteo Rovere e girato per buona parte a Imola, per volare poi all’Arena Puccini, per la visione di A casa tutti bene
di Gabriele Muccino.
Accorsi, quand’è che le radici sono importanti?
«Quando lo scopro e non ci penso. Mi spiego: sono importanti proprio quando non te ne rendi conto. Me ne accorgo soprattutto nel lavoro. Affrontare in un certo modo un personaggio dipende più di quanto non creda dalle radici. Altro che questione caratteriale».
Ma a Bologna tornerà ormai pochissimo.
«Diciamo che il tempo a disposizione rende complesso
” Affrontare in un certo modo un personaggio dipende più di quanto non creda dalle radici. Altro che questione caratteriale Se penso ai film girati in questa regione, come Veloce come il vento,o Radiofreccia, Jack Frusciante, sono mondi che hanno a che fare con il mio passato. Ma non solo. I personaggi dei film che ho citato mi piacciono particolarmente perché non sono urbani e anche se sono nato a Bologna amo interpretare tipi così
tornare spesso ultimamente».
Ha parlato di scelta di personaggi legati alle origini. Ci può spiegare meglio?
«Se penso ai film girati in questa regione, come Veloce come il vento, o Radiofreccia, Jack Frusciante, sono mondi che hanno a che fare con il mio passato. Ma non solo. I personaggi dei film che ho citato mi piacciono particolarmente perché non sono urbani e anche se sono nato a Bologna amo interpretare tipi così».
Perché?
«I miei sono andati a vivere in campagna quando io ero adolescente. Al mare andavo ai Lidi Ferraresi per estati intere. Sono terre ricche da molti punti di vista e ciò è stato molto formativo per me. Così mi sono avvicinato di più a certe tipologie forti incontrate da ragazzino. Ne ero attratto».
Era di quelli che volevano fare fin da subito gli attori o no?
«No, no, volevo proprio fare l’attore appena ho capito cosa volesse dire. Non volevo lavorare nello spettacolo. Volevo solo fare l’attore. Non è automatico, mi rendo conto, ma a me è capitato così. Facevo il liceo scientifico ma non era adatto a me. Dovevo fare il linguistico. Poi in quinta liceo all’improvviso, come un’illuminazione, mi sono ricordato da chissà quale passato che volevo fare questo. Durante l’ora di religione (che non facevo) telefonai alla scuola Galante Garrone e da lì cominciò tutto. Poi mi prese Pupi Avati per Fratelli e sorelle, tornai a teatro e non mi sono più fermato».
Che consiglio darebbe a un giovane che vorrebbe fare l’attore?
«Questo è un mestiere che va fatto per capire se ti piace. La pratica fa la differenza. Bisogna divertirsi a recitare. Se senti che ti diverti e senti una vocazione, vale la pena insistere. Poi sulla lunga distanza studiare fa la differenza. E partire dal teatro è un’ottima strategia. Io infatti non lo lascio più. Mi fa stare bene».
Come trova Bologna ogni volta che torna?
«La vedo sempre piena di gente a spasso, in via Indipendenza, via Rizzoli. Ha ritrovato la voglia di vivere in strada e i portici mi mancano ogni volta che non ci sono. A volte mi chiedo perché non esistano i portici nel mondo. Lo trovo strano. Una città è piovosa? Costruitele i portici. C’è troppo sole? I portici ti riparano».
Scusi, davvero va in giro in via Indipendenza e via Rizzoli? Come fa?
«Ah, faccio traiettorie particolari ma con qualche trucco ci riesco!».
Non ci dica che adesso ha nostalgia anche del cibo.
«Col cibo sono diverso. Quando sono qui mangio volentieri i tortellini ma quando sono in giro sono curioso di tutto».
Anche per lei il cinema in Piazza Maggiore è il più bello del mondo?
«Certo! Ci ho visto un paio di film qualche anno fa: una cosa pazzesca».