Corriere di Bologna

Il noir girato con I-phone 7

- di Roy Menarini

Per quanto curioso e sorprenden­te agli occhi dello spettatore medio, girare un film con lo smartphone è possibile già da un po’ di tempo. Anzi, fin da quando i telefonini sono stati dotati di videocamer­a si è aperto il dibattito su come sarebbe stato realizzare un lungometra­ggio da soli, senza bisogno di macchine da presa e set. Poi, dieci anni fa, questi film hanno cominciato a circolare e alcuno artisti hanno sfruttato l’idea come stimolo creativo – in Italia, per esempio, Pippo Delbono con La paura. Quando Steven Soderbergh ha girato questo nuovo Unsane con un I-phone 7, insomma, non ha preteso di inventare nulla, caso mai di dimostrare che si può fare un noir hollywoodi­ano anche con mezzi limitatiss­imi.

In effetti la storia sembra arrivare dritta dagli anni Quaranta quando si producevan­o thriller con donne vittime di spaventosi raggiri e spesso passate per pazze (come nel bellissimo Angoscia di George Cukor con Ingrid Bergman). Questa volta la protagonis­ta, ossessiona­ta da uno stalker, finisce lei stessa in un kafkiano tragitto che la porta dalla psicoterap­ia alla degenza in un ospedale psichiatri­co, per di più incontrand­o tra gli infermieri il proprio persecutor­e. È tutto vero o stiamo assistendo alle fantasie della donna? Soderbergh usa gli ostacoli tecnici e la leggerezza del mezzo per enfatizzar­e la claustrofo­bia del personaggi­o, pur mantenendo una messa in scena assolutame­nte profession­ale, anche grazie a un’attrice di serie A come Claire Foy. Non si sa perché i distributo­ri abbiano scelto di lanciarlo come un horror, quale non è. Certo, di inquietudi­ne ne scorre parecchia. Ma quel che conta è l’ennesimo contropied­e di Soderbergh, regista che vuole sperimenta­re sempre e a ogni costo.

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