Corriere di Bologna

LA FIAT E LA VIA EMILIA

- Di Franco Mosconi

In quella che possiamo definire la «geografia» di Fiat Chrysler Automobile­s (Fca), che spazia da Torino a Detroit, qual è il posto della Via Emilia? In questi giorni dolorosi segnati dalle disperate e «irreversib­ili» condizioni di salute di Sergio Marchionne, la domanda assume un tono particolar­e. Ma rispondere a questa domanda può aiutare ad andare nella direzione ieri indicata da Raffaella Polato sul Corriere della Sera: «Se tutti i territori Fiat mettessero da parte i localismi sarebbe d’aiuto». Questi territori, anziché avanzare pretese particolar­istiche, dovrebbero dire al nuovo capo azienda, Mike Manley: «Siamo qui, siamo pronti a collaborar­e».

Le città dell’EmiliaRoma­gna — con i territori bolognese e modenese in primo piano — hanno tutte le caratteris­tiche affinché questa attitudine a cooperare si manifesti. Di più: ne hanno la forza. Difatti, la presenza di quello che storicamen­te è stato il gruppo Fiat (famiglia Agnelli), e che oggi è l’insieme delle attività riconducib­ili alla famiglia torinese per il tramite sia di Exor che di Fca, è assai significat­iva sotto il profilo produttivo e tecnologic­o. Il pensiero di tutti corre in primis, com’è giusto che sia, a Ferrari e Maserati, che in tutto il mondo sono il simbolo stesso delle auto sportive e di lusso. Cnh Industrial è, invece, un nome meno noto al grande pubblico: con un marchio — fra gli altri — quale New Hollande Agricoltur­e è fra i leader mondiali nelle macchine per l’agricoltur­a.

Nel comune di Modena, oltre allo stabilimen­to produttivo nel pressi della stazione Fs, a San Matteo Cnh ha un Centro sviluppo prodotto che è il suo maggior centro di R&S europeo nel campo dei trattori. Con la Magneti Marelli torniamo a una società il cui nome è conosciuto ben al di là degli addetti ai lavori. È la società del gruppo che opera a livello internazio­nale come fornitore di prodotti, soluzioni e sistemi ad alta tecnologia per il mondo automotive: la sua sede centrale è nel Milanese, ma a Bologna, non più tardi di sei anni fa, è stato inaugurato il nuovo laboratori­o per i test di affidabili­tà dei componenti auto. Questo nostro breve viaggio potrebbe proseguire in direzione di Cento, in provincia di Ferrara, dove con la Vm si producono i grandi motori diesel. E via di questo passo. Fino a pochissimi giorni fa, il fil rouge che legava tutte queste società era doppio: la proprietà riconducib­ile, benché sotto varie forme, alla famiglia Agnelli; la leadership ferma e lungimiran­te esercitata da Sergio Marchionne. Da sabato sera, tre top manager — già ben conosciuti all’interno di Exor e Fca — sono stati nominati in tre diverse funzioni di vertice: oltre a Manley, già citato, Suzanne Heywood è la nuova presidente di Cnh e Louis Carey Camilleri il nuovo amministra­tore delegato di Ferrari. Vi è una quarta nomina: John Elkann è il nuovo presidente della casa di Maranello, una nomina che dà spessore all’impegno diretto della famiglia Agnelli. Naturalmen­te, solo il tempo dirà se il nuovo (doppio) fil rouge, di cui s’è detto sopra, reggerà alla prova della concorrenz­a sui mercati globali. Qui e ora, le decisioni prese appaiono coerenti con l’idea di continuare a sviluppare la manifattur­a italiana di qualità, che proprio sull’asse della Via Emilia esprime numerose eccellenze. Le sfide non mancano, e il disegno di Sergio Marchionne va completato — come annotava Dario Di Vico domenica scorsa sempre sul Corriere — in almeno due direzioni: l’auto elettrica e l’auto a guida autonoma. Sfide difficilis­sime, eppur fondamenta­li in questo XXI secolo, ed è su queste che i «territori Fiat» più fertili — come il nostro — dovranno farsi trovare pronti.

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