LA FIAT E LA VIA EMILIA
In quella che possiamo definire la «geografia» di Fiat Chrysler Automobiles (Fca), che spazia da Torino a Detroit, qual è il posto della Via Emilia? In questi giorni dolorosi segnati dalle disperate e «irreversibili» condizioni di salute di Sergio Marchionne, la domanda assume un tono particolare. Ma rispondere a questa domanda può aiutare ad andare nella direzione ieri indicata da Raffaella Polato sul Corriere della Sera: «Se tutti i territori Fiat mettessero da parte i localismi sarebbe d’aiuto». Questi territori, anziché avanzare pretese particolaristiche, dovrebbero dire al nuovo capo azienda, Mike Manley: «Siamo qui, siamo pronti a collaborare».
Le città dell’EmiliaRomagna — con i territori bolognese e modenese in primo piano — hanno tutte le caratteristiche affinché questa attitudine a cooperare si manifesti. Di più: ne hanno la forza. Difatti, la presenza di quello che storicamente è stato il gruppo Fiat (famiglia Agnelli), e che oggi è l’insieme delle attività riconducibili alla famiglia torinese per il tramite sia di Exor che di Fca, è assai significativa sotto il profilo produttivo e tecnologico. Il pensiero di tutti corre in primis, com’è giusto che sia, a Ferrari e Maserati, che in tutto il mondo sono il simbolo stesso delle auto sportive e di lusso. Cnh Industrial è, invece, un nome meno noto al grande pubblico: con un marchio — fra gli altri — quale New Hollande Agricolture è fra i leader mondiali nelle macchine per l’agricoltura.
Nel comune di Modena, oltre allo stabilimento produttivo nel pressi della stazione Fs, a San Matteo Cnh ha un Centro sviluppo prodotto che è il suo maggior centro di R&S europeo nel campo dei trattori. Con la Magneti Marelli torniamo a una società il cui nome è conosciuto ben al di là degli addetti ai lavori. È la società del gruppo che opera a livello internazionale come fornitore di prodotti, soluzioni e sistemi ad alta tecnologia per il mondo automotive: la sua sede centrale è nel Milanese, ma a Bologna, non più tardi di sei anni fa, è stato inaugurato il nuovo laboratorio per i test di affidabilità dei componenti auto. Questo nostro breve viaggio potrebbe proseguire in direzione di Cento, in provincia di Ferrara, dove con la Vm si producono i grandi motori diesel. E via di questo passo. Fino a pochissimi giorni fa, il fil rouge che legava tutte queste società era doppio: la proprietà riconducibile, benché sotto varie forme, alla famiglia Agnelli; la leadership ferma e lungimirante esercitata da Sergio Marchionne. Da sabato sera, tre top manager — già ben conosciuti all’interno di Exor e Fca — sono stati nominati in tre diverse funzioni di vertice: oltre a Manley, già citato, Suzanne Heywood è la nuova presidente di Cnh e Louis Carey Camilleri il nuovo amministratore delegato di Ferrari. Vi è una quarta nomina: John Elkann è il nuovo presidente della casa di Maranello, una nomina che dà spessore all’impegno diretto della famiglia Agnelli. Naturalmente, solo il tempo dirà se il nuovo (doppio) fil rouge, di cui s’è detto sopra, reggerà alla prova della concorrenza sui mercati globali. Qui e ora, le decisioni prese appaiono coerenti con l’idea di continuare a sviluppare la manifattura italiana di qualità, che proprio sull’asse della Via Emilia esprime numerose eccellenze. Le sfide non mancano, e il disegno di Sergio Marchionne va completato — come annotava Dario Di Vico domenica scorsa sempre sul Corriere — in almeno due direzioni: l’auto elettrica e l’auto a guida autonoma. Sfide difficilissime, eppur fondamentali in questo XXI secolo, ed è su queste che i «territori Fiat» più fertili — come il nostro — dovranno farsi trovare pronti.