Fondi neri e mandanti Strage, in Sudamerica l’ultima rogatoria
Ottimismo per gli accertamenti in Svizzera e Sudamerica. Indagati? De Francisci smentisce
La chiave di volta nelle indagini sui mandanti della strage alla stazione potrebbe arrivare dalle rogatorie in Svizzera e Sudamerica relative a conti riconducibili alla P2. Sono ottimisti i magistrati, che però smentiscono che ci siano indagati. Intanto, il sottosegretario grillino Dell’Orco annuncia che sta lavorando alla desecretazione degli atti.
” Bolognesi Invito tutti a una grande vigilanza per evitare che gli sforzi condotti dai magistrati siano vanificati
L’inchiesta sui mandanti della strage alla stazione fa passi avanti e alcuni nomi sarebbero stati iscritti nel registro degli indagati, anche se non propriamente per reati connessi alla strage.
Ieri, dopo la diffusione della notizia sul Resto del Carlino, il procuratore generale Ignazio De Francisci, che con l’avvocato generale Alberto Candi e il sostituto Nicola Proto conduce la riservatissima inchiesta, ha smentito che il fascicolo non sia più contro ignoti, ma alcune persone sentite nei mesi scorsi sarebbero ora indagate per il reato di falsa informazione ai pm, non dunque per il reato di strage. Questo perché tra gli stretti collaboratori di Licio Gelli, venerabile maestro della P2, qualcuno avrebbe fatto dichiarazioni utili a rintracciare dei versamenti di denaro transitati dai conti di Gelli e diretti ad esponenti dell’eversione di destra, ma qualcun altro avrebbe rilasciato dichiarazioni ritenute contraddittorie con quanto invece la Procura generale sta ricostruendo.
È ormai certo che dopo aver avocato l’inchiesta sui mandanti, da Palazzo Baciocchi ci sia ottimismo per le piste individuate, anche se resta una comprensibile cautela vista la delicatezza di un’indagine che per anni si è scontrata con depistaggi e silenzi, non arrivando mai a svelare il mistero dei mandanti della bomba alla stazione, di cui tra una settimana cadrà il 38esimo anniversario. La chiave di volta ora è attesa dalle rogatorie internazionali: quella in Svizzera sui conti di Licio Gelli, ma anche quelle in Sudamerica sui conti e le banche di Umberto Ortolani, vera mente della P2, il cui figlio Mario vive ancora in Uruguay. Nel famoso documento «Bologna» che Gelli aveva con sé al momento del suo arresto, infatti, sono annotati 660mila dollari provenienti da un conto facente capo a Mario. E non è un segreto che i soldi movimentati da Gelli fossero transitati anche dai conti in Uruguay e Argentina di Ortolani, poi condannato per il crac del Banco Ambrosiano e morto nel 2002. Le rogatorie però si sono scontrate anche con una certa reticenza: da Ginevra le prime risposte sono arrivate dopo cinque mesi, ma la Procura generale attende ancora tutta la documentazione completa, la preoccupazione è che al momento dell’estradizione Gelli abbia ottenuto degli accordi sul mantenimento del segreto bancario. Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione delle vittime, ieri ha invitato «tutti a una grande vigilanza, per evitare che gli sforzi condotti dai magistrati vengano vanificati con notizie non corrispondenti al vero». Il processo per concorso in strage a Gilberto Cavallini riprenderà a settembre e il 24 ottobre è atteso come teste il leader di Forza Nuova Roberto Fiore.