Corriere di Bologna

I TECNICI? GUAI A PARLARE DI SCUOLE «BASSE»

- di Valentina Marchesini

Caro Direttore, sento di doverle esprimere tutta la mia «fatica» nel leggere sul Corriere di Bologna di oggi (ieri, ndr) l’articolo della brava Daniela Corneo riguardo lo studio del Cattaneo su «Condizioni socio-economiche e rendimento scolastico».

Si fotografa una situazione che è sotto gli occhi di tutti, stiamo perdendo i nostri giovanissi­mi a causa della mancata cultura e della loro immobilità (anche fisica, visto che si dice non facciano sport).

Non posso però tacere di fronte alla dicitura di scuole «basse», che verrebbero scelte dai più meritevoli... a scapito di cosa? Di un liceo forse? Questo sottende: sei bravo? Vai al liceo. Sei mediocre? Vai in un istituto tecnico. Sei scarso? Pronto per te un bell’istituto profession­ale. Ecco fatta la classifica a cui poi seguiranno le differenzi­azioni — a volte discrimina­zioni — e infine le classi sociali. Bentornati nel Medioevo!

Direttore, è proprio questo che dobbiamo combattere. Lo dico col cappello dell’imprendito­re innanzitut­to: cosa vogliamo fare dell’economia italiana (e di quella bolognese)? Lo sappiamo tutti che si regge sulla manifattur­a… quanti litri di inchiostro avete speso voi giornali per dire che «siamo la seconda manifattur­a europea»; però poi non facciamo seguire a questi proclama un po’ di cultura?

Dobbiamo dire che non ci sono scuole di seria A e scuole di serie B. Dobbiamo convincere le famiglie che l’importante è che i loro ragazzi vedano delle possibilit­à nel loro futuro e che sono meglio 100 periti felici che 1.000 laureati frustrati! È nostro compito far capire ai genitori che il «saper fare» è una garanzia per il domani dei loro figli!

Vede direttore, leggendo quelle parole vivo il fallimento del tanto, mi creda tantissimo, lavoro svolto in questi anni per mostrare il vero volto delle nostre aziende. Che non sono più fabbriche dove ti sporchi le mani di grasso, dove lavori nella sporcizia tipica di un’officina e dove per tutta la vita farai la stessa mansione. Le nostre aziende oggi sono luoghi dove i giovani diplomati alle scuole «profession­ali» si misurano da subito con tecnologia, con sistemi complessi e con loro coetanei da tutto il mondo. Abbiamo bisogno di giovani che abbiano voglia di viaggiare e di non risparmiar­si anche nelle mansioni tecniche. E li paghiamo. Sì, perché bisogna anche finirla con questa leggenda che l’officina paga poco.

Un ragazzo che oggi — siamo a luglio e ci sono i neo diplomati, il momento è caldo — esce per esempio dalle Aldini Valeriani, il giorno successivo alla maturità ha sulla scrivania almeno 5 proposte di lavoro. Sono contratti a tempo indetermin­ato che prevedono almeno due anni di formazione. Allora, se è giusto che ogni ragazzo scelga in base alle proprie aspirazion­i, trovo altresì corretto che la società e l’opinione pubblica dicano che c’è tanto bisogno di giovani tecnici e soprattutt­o che le scuole profession­ali NON sono «BASSE», ma possono essere il trampolino di lancio per una brillantis­sima carriera tecnica. Mi viene in mente Claudio Domenicali, diplomato alle Aldini Valeriani, oggi ad di Ducati, ma potrei andare avanti con altri nomi celebri…

Invito chi ha usato la parola «basse» per definire le scuole tecniche a farsi un giro nelle Berufsschu­len del sistema duale tedesco — e mi creda non è facile per un imprendito­re italiano prendere ad esempio i tedeschi — e uno anche nelle nostre imprese.

Si accorgereb­be di quanto conti fare cultura positiva su questi giovanissi­mi che brancolano nel buio delle loro scelte lavorative future.

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