Decreto dignità, Legacoop si smarca «Per noi nessun grido di dolore»
Ghedini: «Ci sono cose buone e su altre abbiamo perplessità»
«Non c’è nessun grido di dolore che si leva dalle cooperative contro il decreto dignità». La presidente di Legacoop Bologna, Rita Ghedini non si unisce al fronte largo che va dagli industriali alle altre associazioni di categoria che denuncia i pericoli della norma, soprattutto in riferimento alla stretta sui contratti a tempo determinato, anche se certo non mancano i rilievi critici.
Partiamo dalla stretta sui contratti a termine prevista dal decreto voluto dal ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio.
«Il 92% dei contratti nel mondo della cooperazione — spiega la numero uno di Legacoop Bologna, Rita Ghedini — sono a tempo indeterminato, per cui questa norma su di noi influisce in maniera molto limitata. La norma più efficace nella direzione di creare lavoro stabile è quella che aumenta il costo dei contratti a termine, sul resto ho qualche perplessità.
Su cosa in particolare ha delle perplessità?
«La necessità di inserire la causale dopo il primo anno di contratto è già stata sperimentata in passato e ho la sensazione che sia solo destinata ad aumentare i contenziosi. E anche il limite dei due anni per i contratti a termine può essere disincentivante: ci sono delle assunzioni legate a progetti che durano tre anni e in questo caso ci sarebbe un disinvestimento sulla persona e sul progetto. Noi comunque riteniamo che più il lavoro è stabile e più questo è un vantaggio anche per l’impresa che investe su una persona e noi siamo naturalmente a favore della tutela della dignità del lavoro».
E cosa pensa della norma inserita nel decreto che penalizza in modo molto duro le aziende che decidono di delocalizzare la produzione
Ma nessun intervento sulla legislazione del lavoro da solo crea nuova occupazione
fuori dall’Italia?
«Non mi sembra che sia la prima norma in assoluto di questo genere ma anche su questo tema non siamo coinvolti visto che la cooperazione non delocalizza ma lavora con i suoi soci sul territorio. In ogni caso siamo d’accordo sul fatto che chi riceve finanziamenti pubblici poi abbia il dovere, anche costituzionale, di investire nel territorio.
Sembra che la maggior parte dei provvedimenti contenuti nel decreto dignità in realtà vi soddisfino. Si può dire che è un decreto che complessivamente vi piace?
«Se è per questo, a livello personale, sono d’accordo anche con il divieto di pubblicità per i giochi d’azzardo ma è difficile fare una sintesi su un decreto omnibus che contiene un mucchio di cose e che non è omogeneo, e poi il problema vero è un altro».
Quale è il vero problema secondo lei?
«Che non esiste un decreto che possa diminuire la disoccupazione per legge. Non c’è nessuna misura di legislazione nazionale del lavoro che da sola può aumentare l’occupazione e il lavoro. Il problema è la politica economica e sono gli investimenti pubblici programmati e su questo punto siamo in attesa di vedere che cosa farà il nuovo governo guidato da Contee».