La calza per le cozze che inquina il mare
Riviera, è il 78% della plastica raccolta in 23 giorni dai pescatori per la Goletta verde
Oltre mille chili di rifiuti, quasi tutti di plastica, raccolti dai pescatori in meno di un mese. Sono i numeri del monitoraggio della Goletta Verde di Legambiente a Porto Garibaldi, in provincia di Ferrara.
Per 23 giorni i volontari hanno seguito le attività di 45 imbarcazioni: la maggior parte dei 7.198 rifiuti raccolti accidentalmente dai pescatori è rappresentato dalle calze per la coltura delle cozze. «Un danno enorme per l’ambiente e la pesca».
Oltre mille chili di rifiuti, la maggior parte plastica, in ventitré giorni effettivi di monitoraggio. È il risultato della prima fase di sperimentazione del progetto «Fishing for Litter — in rete contro un mare di plastica», condotto dai volontari di Legambiente e che durerà sei mesi per verificare lo stato di salute dei nostri mari.
Dal 27 giugno al 27 luglio Goletta verde, la campagna di Legambiente, ha fatto tappa in Emilia-Romagna, coinvolgendo 45 imbarcazioni nel monitoraggio delle acque dell’Adriatico nell’area di Porto Garibaldi, in provincia di Ferrara. I 12 volontari hanno segnalato oltre 7 mila rifiuti raccolti accidentalmente dai pescatori durante le loro uscite, pari a 105 sacchi della spazzatura.
Forse il dato più sconvolgente è la loro natura: il 78 per cento del totale è costituito dalle calze in plastica per l’allevamento delle cozze, per un peso di 900 chili. Il 95 per cento di quanto raccolto è plastica, e più dell’ 80 per cento proviene dalle attività produttive di pesca e acquacoltura. La parte rimanente, il 15 per cento, è causato dalla cattiva gestione dei rifiuti urbani.
Come spiega Legambiente, il problema del marine litter, l’inquinamento dei mari a causa della presenza di rifiuti e spazzatura, è grave e globale: secondo le loro analisi ogni minuto che passa finisce nei mari e negli oceani l’equivalente di un camion di rifiuti. Quello che resta visibile agli occhi «è pari solo al 15 per cento della mole di rifiuti che giacciono sul fondo del mare.
«È fondamentale definire al più presto delle modalità tecnico-operative, condivise a livello nazionale, per il conferimento dei rifiuti che raccolgono i pescatori», ha spiegato Stefania Di Vito, dell’ufficio scientifico di Legambiente, durante la tavola rotonda che si è svolta ieri nella sala riunioni della cooperativa Piccola Grande Pesca, a Porto Garibaldi.
«Al momento in italia l’assenza di norme e procedure specifiche impedisce che questo tipo di attività si svolga regolarmente — ha proseguito Di Vito — speriamo che il fishing for litter, previsto nelle misure da adottare nell’ambito della direttiva europea Marine strategy, possa partire al più presto, a beneficio dell’ecosistema marino e degli stessi pescatori». Dopo quello turistico, è proprio il settore della pesca a subire i danni più elevati. Secondo uno studio commissionato dall’Unione europea, l’impatto economico sul comparto produttivo della pesca è stimato intorno ai 61,7 miloni di euro all’anno.
Se quasi 4 rifiuti su 5 sono calze per la mitilicoltura, il problema non riguarda solo Porto Garibaldi. «La loro enorme dispersione affligge tutto l’Adriatico — commenta Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia-Romagna — speriamo che la nostra iniziativa aiuti a sviluppare un sistema per la loro corretta gestione e lo smaltimento, tramite gestioni virtuose degli impianti di allevamento e di tutta la filiera, e attraverso la ricerca di materiali alternativi e compostabili».
Tra le soluzioni che gli esperti individuano per tenere i nostri mari puliti, sia dalla spazzatura comune che dai materiali per la pesca, ci sono la prevenzione, la raccolta, il riciclo e la sperimentazione di nuovi materiali, biodegradabili o meno impattanti.