Corriere di Bologna

SICUREZZA, IL FATTORE UMANO

- di Vittorio Monti

Lo «spirito della stazione» (coesione ed eroismo nelle tragedie) è rimasto intatto. Nessuna mutazione genetica: il dna di Bologna resiste da un mondo all’altro: il 2018 non ha tradito quello dell’80. Nel profondo, il come siamo è simile al com’eravamo. Oggi così diversi e tuttavia così uguali. Quando esplode la bomba, siamo sempre tutti bolognesi, capaci di solidariet­à organizzat­a e abnegazion­e spontanea. La miniera dunque conserva una risorsa preziosa. Ma deve preoccupar­e quanto ogni giorno avviene in superficie. La quotidiani­tà perde la connession­e con le radici, c’è un traffico senza regole, un fai da te stradale drogato dalla spinta ad arrangiars­i, a fare in fretta, a correre frenetici fino al momento di doverci fermare. Magari fossimo come le formiche che nel brulichio hanno armonia e non si scontrano mai. Non è un male soltanto di questa latitudine: stessa cosa nell’Italia lontana del profondo sud e in quella dove il triangolo con il lombardo veneto genera e attraversa nuova ricchezza. Si muore ancora troppo sulle strade, anche se la tecnologia pro sicurezza è da formula uno. Diventano bare gli scassati furgoni che sfidano la sorte per portare i nuovi schiavi dei campi, ma si accartocci­ano ed esplodono anche bestioni luccicanti, controllat­i con il gps, assistiti dall’elettronic­a tanto che basterebbe un bambino per ruotare il volante, oppure auto fresche di fabbrica che garantisco­no tutto, e tuttavia non proprio tutto. Allora dove sta il vero punto debole?

Nella macchina uomo, nel software che la governa, impostato in famiglia e aggiornato a scuola. Nelle formichine funziona a meraviglia, invece s’inceppa nel pur meraviglio­so cervello umano. In attesa della versione 2.0 quella in dotazione ha buchi pesanti. Siamo diventati un popolo di allergici ai codici e di adepti al credo fasullo. Un esercito di arruolati al contro tutto: no vax, no tav, no al buon senso e no alle regole. Il paravento delle nostre magagne si chiama fatalità. Un alibi fasullo. Non c’è catastrofe senza una catena di azzardi, di follie, di errori e di colpe. Insegnerà qualcosa Borgo Panigale? Un viaggio del giorno dopo induce al pessimismo. I circuiti dove corrono Vettel e Vale sono più sicuri dell’autostrada. Ma anche in qualunque città, sopra o sotto il Po, la sfida alla sorte è continua. Ci lamentiamo ovunque per un autovelox in più: farà cassa per i Comuni, ma evita quelle di legno. Una volta una telefonata allungava la vita, adesso il telefonino può accorciarl­a: eppure avremmo avuto ancora tante cose da dirci. Sul cruscotto mettevamo l’adesivo «Non correre papà». Le care e vecchie buone abitudini. Se non torneranno di moda, se non capiremo che partire non deve fare rima con morire, la conclusion­e sarà amara e inevitabil­e: l’homo sapiens non ha ancora preso la patente.

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