SICUREZZA, IL FATTORE UMANO
Lo «spirito della stazione» (coesione ed eroismo nelle tragedie) è rimasto intatto. Nessuna mutazione genetica: il dna di Bologna resiste da un mondo all’altro: il 2018 non ha tradito quello dell’80. Nel profondo, il come siamo è simile al com’eravamo. Oggi così diversi e tuttavia così uguali. Quando esplode la bomba, siamo sempre tutti bolognesi, capaci di solidarietà organizzata e abnegazione spontanea. La miniera dunque conserva una risorsa preziosa. Ma deve preoccupare quanto ogni giorno avviene in superficie. La quotidianità perde la connessione con le radici, c’è un traffico senza regole, un fai da te stradale drogato dalla spinta ad arrangiarsi, a fare in fretta, a correre frenetici fino al momento di doverci fermare. Magari fossimo come le formiche che nel brulichio hanno armonia e non si scontrano mai. Non è un male soltanto di questa latitudine: stessa cosa nell’Italia lontana del profondo sud e in quella dove il triangolo con il lombardo veneto genera e attraversa nuova ricchezza. Si muore ancora troppo sulle strade, anche se la tecnologia pro sicurezza è da formula uno. Diventano bare gli scassati furgoni che sfidano la sorte per portare i nuovi schiavi dei campi, ma si accartocciano ed esplodono anche bestioni luccicanti, controllati con il gps, assistiti dall’elettronica tanto che basterebbe un bambino per ruotare il volante, oppure auto fresche di fabbrica che garantiscono tutto, e tuttavia non proprio tutto. Allora dove sta il vero punto debole?
Nella macchina uomo, nel software che la governa, impostato in famiglia e aggiornato a scuola. Nelle formichine funziona a meraviglia, invece s’inceppa nel pur meraviglioso cervello umano. In attesa della versione 2.0 quella in dotazione ha buchi pesanti. Siamo diventati un popolo di allergici ai codici e di adepti al credo fasullo. Un esercito di arruolati al contro tutto: no vax, no tav, no al buon senso e no alle regole. Il paravento delle nostre magagne si chiama fatalità. Un alibi fasullo. Non c’è catastrofe senza una catena di azzardi, di follie, di errori e di colpe. Insegnerà qualcosa Borgo Panigale? Un viaggio del giorno dopo induce al pessimismo. I circuiti dove corrono Vettel e Vale sono più sicuri dell’autostrada. Ma anche in qualunque città, sopra o sotto il Po, la sfida alla sorte è continua. Ci lamentiamo ovunque per un autovelox in più: farà cassa per i Comuni, ma evita quelle di legno. Una volta una telefonata allungava la vita, adesso il telefonino può accorciarla: eppure avremmo avuto ancora tante cose da dirci. Sul cruscotto mettevamo l’adesivo «Non correre papà». Le care e vecchie buone abitudini. Se non torneranno di moda, se non capiremo che partire non deve fare rima con morire, la conclusione sarà amara e inevitabile: l’homo sapiens non ha ancora preso la patente.