Periferie, la rivolta dell’Emilia
Il governo congela i fondi, in regione insorgono i sindaci pd. Bologna rischia 18 milioni
Rivolta dei sindaci in regione contro l’emendamento al Milleproroghe che congela i fondi per le periferie dei precedenti governi. Dall’Emilia alla Riviera gli amministratori parlano di «atto gravissimo». Il riminese Andrea Gnassi pensa addirittura di non restituire l’Imu per due anni. Protesta con forza anche il Pd, ma i suoi senatori hanno votato l’emendamento: «Il testo era involuto».
È rivolta tra i sindaci della regione contro l’emendamento al decreto Milleproroghe approvato al Senato che congela fino al 2020, di fatto ipotecandole, le opere del piano per le periferie dei governi Renzi e Gentiloni. «Uno stop gravissimo», dice il sindaco Virginio Merola. Con lui protestano tutti i sindaci dei capoluoghi di provincia (eccezion fatta per Piacenza, a guida leghista). Amministrazioni guidate dai Democratici in larghissima parte. E infatti anche il Pd insorge, parlando addirittura di un nuovo «sfregio» per Bologna dopo le devastazioni di Borgo Panigale e chiamando a raccolta i sindaci della Metropoli. Peccato che anche i senatori dem abbiamo votato a favore dell’emendamento. «Un testo truffaldino — si difendono — ora opposizione dura».
Il coro di proteste va avanti per tutta la giornata. In Romagna il sindaco di Ravenna Michele De Pascale (che è anche presidente dell’Anci regionale) parla di «emendamento inaccettabile, che rischia di rallentare i tempi di attuazione di molti progetti». Nel caso di Ravenna, tra i privati coinvolti, c’è già chi ha speso risorse proprie: «Si aprirebbe un contenzioso enorme». Il riminese Andrea Gnassi è infuriato. Convoca d’urgenza una conferenza stampa e alza la voce. «È una grande rapina! Per il lungomare di Viserba c’è già un progetto esecutivo, le ruspe e i lavori», si scalda Gnassi, che promette diffide al governo, ricorsi alla Corte dei Conti e pensa addirittura di non restituire l’Imu per due anni: «Che ci commissarino, noi siamo Rimini!». Anche a Cesena si respira frustrazione. «Su quei finanziamenti ci contavano per concretizzare interventi pronti alla gara d’appalto», scrive il sindaco Paolo Lucchi. In Emilia la musica è la stessa. Anche tra chi non è del Pd, come il civico ed ex M5S Federico Pizzarotti. «Lega e 5 Stelle vogliono togliere ai parmigiani quasi 20 milioni. Faccio appello al buonsenso se ancora esiste: fermate questo scempio di ignoranza». Più prudente, per ovvie ragioni politiche, il sindaco di Piacenza, la leghista Patrizia Barbieri. «Prima vorrei capire esattamente con l’Anci cosa sta succedendo».
Il Pd va all’attacco e promette ai suoi amministratori di dare battaglia alla Camera nel tentativo di invertire la rotta. «Non si possono mortificare le periferie delle nostre città», dice il deputato Andrea De Maria. Il segretario bolognese e deputato dem Francesco Critelli chiama a raccolta i sindaci «per fermare questo atto gravissimo». L’assessore Matteo Lepore invita a tempestare di telefonate i parlamentari di Lega e M5S. La responsabile del dipartimento Periferie del Pd bolognese, Anna Chiara Strappazzon, tira in ballo la devastazione di Borgo Panigale: «La città non può essere sfregiata ancora».
Tocca al sindaco dem di Modena, Gian Carlo Muzzarelli, rovinare la festa. «Il rinvio del secondo step del bando periferie è stato votato all’unanimità anche dal Pd, sono sbalordito», scuote la testa il sindaco di Modena, unica città che dovrebbe salvarsi dalla scure di Roma rientrando tra i primi 24 progetti selezionati. «Se chi minaccia ogni giorno la più dura opposizione prende cantonate così e cade negli emendamenti trappola c’è da essere sgomenti. Si impegnino a cancellare l’emendamento alla Camera, ma mi pare evidente che per il Pd cambiare spartito e suonatori è sempre più urgente». Sul sì dei senatori ha ragione: Bellanova, Fedeli, Manca, Patriarca, Richetti, Collina, Iori, Casini hanno tutti votato a favore dell’emendamento 13.2. «C’era un aumento di 140 milioni ai fondi dei Comuni. Abbiamo ritenuto, sbagliando, di poterci fidare pensando che si trattasse di risorse in più e che non venissero bloccati i progetti esecutivi. Il testo era involuto», fa mea culpa anche per i colleghi l’imolese Daniele Manca. Adesso toccherà agli altri colleghi, quelli della Camera, metterci una pezza.