CAMBIARE, MA FARE
Dopo lo spaventoso incidente accaduto nel tratto autostradale interno alla tangenziale di Bologna, è più che mai doveroso interrogarsi sull’annosa questiona relativa al Passante Nord/Sud/do mezzo o dove si voglia mai costruire. Il solo fatto che intorno a un tema così importante vi siano stati e tuttora continuino dibattiti, contrasti, ecc., è indice del fatto che molti (sindaci, ministri, in primis) sono vittime e carnefici di una democrazia in crisi che tende a «viziare» i cittadini con falsa demagogia. I fatti sono crudi nella loro semplicità: Bologna è il nodo autostradale attraverso il quale passa TUTTO il traffico su gomma tra Nord e Sud. Oggi il traffico è aumentato in modo molto importante rendendo la circolazione, sia sulla tangenziale che sul tratto autostradale, a volte molto difficile. Una maggiore concentrazione di veicoli aumenta (per la legge dei grandi numeri) il rischio di incidenti più o meno gravi, come purtroppo abbiamo appena sperimentato. Pertanto, il decongestionamento non farebbe altro che diluire il traffico, riducendo anche la probabilità di incidenti. Oggi purtroppo paghiamo un ritardo inaccettabile sul tema del Passante. Quello Nord, logicamente, era il progetto più sensato per risolvere i problemi di cui sopra. Poi è arrivato quello di mezzo: vi erano i fondi già stanziati, il progetto concluso. Mancava solo l’inizio dei lavori che non arriverà mai, vista la saldatura di interessi avvenuta tra vari soggetti.
Ora, rimettere in gioco questo progetto rischia non solo di far evaporare i fondi già stanziati ma, come minimo, di allungare enormemente i tempi, dal momento che per il Passante Sud ancora non ci sono progetti, valutazioni accurate dei costi/benefici. E, in più, abbiamo il ministro che si è pronunciato a favore di una soluzione francamente insufficiente, quale è quella della «banalizzazione» (brutta parola che riflette di per sé la portata della proposta). Ancora una volta siamo all’asta dell’ovvio, senza alcuna valutazione seria delle opzioni in campo, con i conseguenti disagi che questo stallo continuo comporta. Purtroppo questo è il risultato della logica Nymby (not in my backyard, non nel mio cortile), alla quale la politica si è resa serva, senza più la capacità di decidere in nome dell’interesse generale (e dell’urgenza). Le infrastrutture nel nodo autostradale bolognese sono ferme da quarant’anni (eccezion fatta per la variante di valico che, però, è altra cosa). Certo le infrastrutture non sono necessariamente sinonimo di sviluppo, ma ne possono costituire la premessa. Il negazionismo continuo di chi invoca «la decrescita felice» mette rabbia e tristezza al tempo stesso, perché non ha davvero a cuore le sorti del Paese, ma solo quelle di una logica prona agli urli della piazza. L’inquinamento non si risolve con il divieto alla circolazione, ma con l’obbligare i costruttori di auto ad adottare il meglio che la scienza offre sulla costruzione di motori a scoppio a emissioni quasi nulle (risultati ampiamente noti a tutta la comunità scientifica. Ma tanto cosa conta ? Meglio la credenza popolare, come ci insegnano tanti comici e neo-ministri). Prendere partito sulla base del «sentito dire», seguendo la facile demagogia da ultimi giorni di campagna elettorale non è governare. Il cambiamento tanto annunciato non dovrebbe essere solo nelle priorità che dovrebbero unificare tutto il Paese, quanto piuttosto nel modo di realizzarle. Ma su quest’ultimo punto, dispiace dirlo, il governo e certe autonomie locali ci hanno fatto tornare 0indietro. Il settarismo è la vera tomba del nostro Paese.