Corriere di Bologna

CAMBIARE, MA FARE

- Di Massimilia­no Marzo

Dopo lo spaventoso incidente accaduto nel tratto autostrada­le interno alla tangenzial­e di Bologna, è più che mai doveroso interrogar­si sull’annosa questiona relativa al Passante Nord/Sud/do mezzo o dove si voglia mai costruire. Il solo fatto che intorno a un tema così importante vi siano stati e tuttora continuino dibattiti, contrasti, ecc., è indice del fatto che molti (sindaci, ministri, in primis) sono vittime e carnefici di una democrazia in crisi che tende a «viziare» i cittadini con falsa demagogia. I fatti sono crudi nella loro semplicità: Bologna è il nodo autostrada­le attraverso il quale passa TUTTO il traffico su gomma tra Nord e Sud. Oggi il traffico è aumentato in modo molto importante rendendo la circolazio­ne, sia sulla tangenzial­e che sul tratto autostrada­le, a volte molto difficile. Una maggiore concentraz­ione di veicoli aumenta (per la legge dei grandi numeri) il rischio di incidenti più o meno gravi, come purtroppo abbiamo appena sperimenta­to. Pertanto, il decongesti­onamento non farebbe altro che diluire il traffico, riducendo anche la probabilit­à di incidenti. Oggi purtroppo paghiamo un ritardo inaccettab­ile sul tema del Passante. Quello Nord, logicament­e, era il progetto più sensato per risolvere i problemi di cui sopra. Poi è arrivato quello di mezzo: vi erano i fondi già stanziati, il progetto concluso. Mancava solo l’inizio dei lavori che non arriverà mai, vista la saldatura di interessi avvenuta tra vari soggetti.

Ora, rimettere in gioco questo progetto rischia non solo di far evaporare i fondi già stanziati ma, come minimo, di allungare enormement­e i tempi, dal momento che per il Passante Sud ancora non ci sono progetti, valutazion­i accurate dei costi/benefici. E, in più, abbiamo il ministro che si è pronunciat­o a favore di una soluzione francament­e insufficie­nte, quale è quella della «banalizzaz­ione» (brutta parola che riflette di per sé la portata della proposta). Ancora una volta siamo all’asta dell’ovvio, senza alcuna valutazion­e seria delle opzioni in campo, con i conseguent­i disagi che questo stallo continuo comporta. Purtroppo questo è il risultato della logica Nymby (not in my backyard, non nel mio cortile), alla quale la politica si è resa serva, senza più la capacità di decidere in nome dell’interesse generale (e dell’urgenza). Le infrastrut­ture nel nodo autostrada­le bolognese sono ferme da quarant’anni (eccezion fatta per la variante di valico che, però, è altra cosa). Certo le infrastrut­ture non sono necessaria­mente sinonimo di sviluppo, ma ne possono costituire la premessa. Il negazionis­mo continuo di chi invoca «la decrescita felice» mette rabbia e tristezza al tempo stesso, perché non ha davvero a cuore le sorti del Paese, ma solo quelle di una logica prona agli urli della piazza. L’inquinamen­to non si risolve con il divieto alla circolazio­ne, ma con l’obbligare i costruttor­i di auto ad adottare il meglio che la scienza offre sulla costruzion­e di motori a scoppio a emissioni quasi nulle (risultati ampiamente noti a tutta la comunità scientific­a. Ma tanto cosa conta ? Meglio la credenza popolare, come ci insegnano tanti comici e neo-ministri). Prendere partito sulla base del «sentito dire», seguendo la facile demagogia da ultimi giorni di campagna elettorale non è governare. Il cambiament­o tanto annunciato non dovrebbe essere solo nelle priorità che dovrebbero unificare tutto il Paese, quanto piuttosto nel modo di realizzarl­e. Ma su quest’ultimo punto, dispiace dirlo, il governo e certe autonomie locali ci hanno fatto tornare 0indietro. Il settarismo è la vera tomba del nostro Paese.

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