«Non ci fermiamo da quel 6 agosto Anche una colletta per i ragazzi bulgari»
Ovunque c’erano persone da medicare. Montagne di ghiaccio per raffreddare le ustioni e flebo, lettini, barelle occupate, ambulanze impegnate. Il personale è rientrato dalle ferie, ha anticipato il proprio turno senza fermarsi un momento. Erano le ore dell’emergenza, quelle dei soccorsi a ridosso dell’esplosione della cisterna e del crollo del ponte dell’A14 a Borgo Panigale.
Ora è il tempo delle medicazioni che richiederanno tempi lunghi e di ambulatori ad hoc allestiti dopo il 6 agosto. Un giorno che Borgo Panigale e Bologna non dimenticheranno facilmente, e che tra le corsie del Maggiore e del Bellaria è diventato la normalità. I feriti tornano tutti i giorni, per una — alle volte due — medicazioni al giorno. «Utilizziamo il migliore materiale per curare le loro ferite — spiega Meris Fiamminghi, dirigente infermieristico dell’Ausl di Bologna —. I prodotti sono all’avanguardia, decidiamo man mano, a seconda di come reagisce la ferita, come intervenire. Ogni tre giorni c’è un medico chirurgo che assiste alla medicazione per una valuta«Stimiamo
”
Medicazioni Dopo la prima fase dell’emergenza, c’è ora quella delle cure più lunghe. C’è da aver pazienza, e bisogna stare attenti per evitare le infezioni. Bisogna evitare esposizione al sole e alla polvere. E usare abiti di cotone
zione maggiore. C’è un infermiere fisso dal 6 agosto». Personale formato apposta per le ustioni. Complici i protocolli anti terrorismo e l’emergenza, un anno fa gli infermieri si sono preparati a questo tipo di feriti. E dal 6 agosto al Bellaria è stato allestito un ambulatorio per le ferite più gravi con un infermiere fisso. I costi vivi di ogni medicazione si aggirano intorno ai 100 euro. A questo poi va aggiunto tutto il resto, le spese per il personale e quello che ne consegue per un’emergenza come quella di Borgo Panigale. E la conta dei feriti non si è esaurita il giorno stesso dell’esplosione. Anzi: «Oltre ai feriti curati sul posto, a quelli ricoverati e distribuiti tra i vari ospedali, durante le ore e i giorni successivi nei nostri reparti si sono presentate persone che hanno scoperto le vesciche delle ustioni solo dopo. Perché si possono formare dopo questo tipo di ustioni generate dal calore e non dal contatto diretto delle fiamme», continua Meris Fiamminghi.
Alle braccia, ai polpacci, al collo, alle orecchie e alla testa. Sono queste le maggiori ferite riportate. «Bisogna usare prodotti speciali per la doccia, non bisogna esporsi al sole, evitare la polvere, indossare indumenti di cotone». E alla parte professionale subentra quella che «da dieci giorni ci ha uniti dal primo momento», non solo tra medici e infermieri. La macchina della solidarietà ha toccato tutti: «Abbiamo fatto una colletta per i ragazzi bulgari ustionati, gli abbiamo comprato degli indumenti di cotone. Poi uno di loro, ancora ricoverato, l’altro giorno ha compiuto gli anni e gli abbiamo fatto un piccolo regalo: gli abbiamo permesso di mangiare una pizza con gli amici». Si emoziona Meris che fa questo mestiere da 39 anni e mezzo, il 6 agosto per lei è stato diverso. «Quando sono arrivata mi sono impressionata, nell’80 studiavo e da allora un’emergenza così non c’era mai stata. Poi, non ho mai visto così tanti carabinieri nei nostri reparti. E vederli feriti per lo stesso motivo per cui lavoriamo noi ogni giorno, al servizio dei cittadini, ci ha unito. Ancora di più».