Stanze vuote e nuova scuola Nell’hub dei pochi profughi
Sempre meno profughi in via Mattei, oggi sono 270. Un anno fa si lavorava per acco- glierne 1.100. Ora in quelle stanze c’è anche lavanderia e scuola di italiano. Resta forte l’impatto delle grate alte e gri- gie, senza abiti colorati e giochi di bambini. Dentro anche una coppia cubana.
Le tende, i container, la tensostruttura e il continuo via vai all’interno dell’hub di via Mattei sono ormai un ricordo lontano. I richiedenti asilo ospitati all’interno del centro di prima accoglienza regionale sono al minimo storico: 270. Un anno fa in questi giorni le ruspe lavoravano alle spalle della struttura per allestire un campo con le tende blu. Gli ospiti erano più di 800 e si lavorava per accoglierne sui 1.100. Altri tempi. Quelli degli sbarchi ogni settimana. Poi il piano dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti con un giro di vite agli arrivi sulle coste italiane, portato avanti dall’attuale ministro Matteo Salvini, ha ridotto gradualmente nell’ultimo anno i numeri della primissima accoglienza: a giugno risalgono gli ultimi arrivi da sbarchi, e da inizio anno sono state 596 le persone arrivate, nel 2017 ben 7.938.
Così oggi in via Mattei restano le grate alte, i cancelli di ferro, le telecamere di videosorveglianza che a colpo d’occhio fanno più impressione rispetto all’estate di quattro anni fa regalando l’idea di un centro di reclusione senza gli abiti colorati stesi e i giochi dei bambini lasciati un po’ qua e un po’ là. Eppure gli operatori per primi, e poi gli ospiti, fanno di tutto per rendere l’hub il più accogliente possibile. Anche perché se è vero che i numeri delle persone accolte è calato sensibilmente, è invece aumentato il tempo di permanenza all’interno del centro di prima accoglienza. In attesa di essere trasferiti in una struttura di seconda accoglienza, uomini, donne e famiglie restano in via Mattei anche più di tre mesi.
Gli spazi sono stati, così, rivisitati e ci sono nuovi servizi. Dalla lavanderia all’aula per studiare l’italiano, spazi che non erano necessari quando la permanenza durante l’emergenza «Mare Nostrum», prima e «Frontex», dopo, non superava le tre settimane. Nel reparto lavanderia ci sono 4 grandi lavatrici e altrettante asciugatrici, sono stati distribuiti degli stendibiancheria e ogni settimana un ospite ha a disposizione un gettone per un lavaggio. Giro di vite per elettrodomestici e biciclette. «Per evitare situazioni spiacevoli - spiegano gli operatori - abbiamo fatto diverse informative per gli ospiti: all’interno del centro non possono essere introdotti utensili ed elettrodomestici, c’è tutto l’indispensabile qui dentro, e le biciclette vanno lasciate fuori». Detto fatto, decine di biciclette parcheggiate in fila di fronte all’ingresso e tra queste spicca anche l’arancione di una Mobike.
Ma non ci sono solo nuovi spazi che raccontano come in questi quattro lunghi anni il centro di via Mattei sia cambiato: camminando tra i lunghi corridoi segnati dalle alte grate ai lati c’è silenzio. Tanto silenzio. Non c’è il vociare fuori dalle stanze, dei bambini e delle mamme che li rincorrono. Gli ospiti sono soprattutto uomini. I minori non accompagnati sono appena 8, loro assieme ai due nuclei famigliari e alle persone vulnerabili sono accolte in una zona ad hoc. La casetta predisposta per i minori non accompagnati, quando erano più di 60, è stata chiusa. «Inutilizzata — precisano gli operatori — anche perché avendo più spazi e migliori non aveva senso tenerla aperta». Tutto intorno c’è una costante di ordine, lo raccontano anche i piccoli gesti: quando uno degli ospiti, per esempio, alza il coperchio di compensato giallo delle isole ecologiche che operatori e ospiti hanno creato all’interno dell’hub per la raccolta differenziata. Nella tensostruttura dove un anno fa c’erano file e file di lettini allestiti assieme alla protezione civile ora ci sono tavoli e panche, e tutt’intorno disegni e cartelloni, anche di papa Francesco, quasi a decorare le pareti come fossero quadri. È uno dei nuovi spazi comuni in cui trascorrere qualche ora quando gli ospiti non sono in giro per la città. «Salaborsa — spiega una giovane ragazza nigeriana — è uno dei posti che preferiamo. Ci ritroviamo spesso lì, trascorriamo ore a leggere».
Che l’hub di via Mattei, soprattutto nell’ultimo anno, abbia cambiato veste, non è in dubbio e il cambiamento sta anche nelle provenienze degli ospiti, non più da soli sbarchi, ma dalla rotta balcanica e non solo: c’è una famiglia di richiedenti provenienti da Cuba, e ci sono molti «dublinanti», le persone che tentano la fortuna in altri paesi dell’Europa ma vengono rispediti in Italia, nazione di primo approdo, come prevista dalla «Dublino III».
John, nome di fantasia, oppositore politico, è un «dublinante» giunto dal Tagikistan. In Italia ci era arrivato cinque anni fa, poi è riuscito a passare in Austria, ma da lì lo hanno trasferito non appena hanno scoperto che le sue impronte erano nel database italiano. Ora aspetta: «Ho due lauree –— spiega il 41enne — . Spero di rifarmi una vita qui e che la mia famiglia non venga perseguitata». Oggi al Mattei la maggior parte degli ospiti arriva dal Pakistan, poi dalla Nigeria, dal Mali e dalla Costa d’Avorio. «Quello che abbiamo costruito fin qui è tutto quello che c’è oggi intorno a questo luogo, grazie ai meccanismi messi in campo in collaborazione con Prefettura e Comuni: non lavoriamo solo per l’accoglienza, ma ci sono luoghi di integrazione» conclude Giacomo Rossi, del Consorzio Arcolaio, direttore della struttura di via Mattei.