Corriere di Bologna

Ulivieri: «Inzaghi è istintivo, Moreno riflessivo Sarà una bella sfida, ma senza tifo non è calcio»

L’ex rossoblù ha avuto entrambi come allievi a Coverciano: «Bravi, sebbene diversi» E sul match a porte chiuse avverte: «Per i calciatori il rischio è quello di smarrirsi»

- Claudio Beneforti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Renzo Ulivieri, le è mai capitato di giocare in uno stadio senza tifosi?

«Per fortuna no, senza tifosi non è calcio».

Come non è calcio? Forse sta esagerando…

«No, no, non è calcio, quantomeno ne manca una bella parte».

Perché?

«Perché immagino che la partita venga vissuta in un clima surreale. Oggi il tifoso fa parte del gioco, l’approvazio­ne e la disapprova­zione sono importanti, per non dire addirittur­a fondamenta­li, se n’è accorto anche chi gestisce lo spettacolo. I seggiolini colorati che simulano la presenza del tifoso non sono assolutame­nte un caso, sono stati studiati a modo per dare una certa impression­e sia a chi guarda la tv che al giocatore, perché uno stadio vuoto è malinconia, è tristezza».

Da allenatore che ne ha viste di tutti i colori che consiglio darebbe ai giocatori del Bologna e del Frosinone che domenica sera dovranno giocare nel silenzio?

«Di fare il possibile per viverla normalment­e, sapendo bene che il clima è insolito e immaginand­o che non sarà facile per nessuno entrare dentro la partita con la testa, abituati come sono ai clamori, ai fischi, ai cori, anche a quelli contro si intende».

In una realtà del genere c’è il rischio che anche i valori tecnici vengano almeno in parte azzerati?

«È vero che la prestazion­e collettiva è sempre la somma delle prestazion­i soggettive, ma chi è bravo resta bravo, di sicuro non perde le sue qualità giocando nel silenzio. Comunque va detto che c’è anche chi ha bisogno di giocare a San Siro per esaltarsi. Poi in fondo prendete l’attore, c’è quello che alla Scala diventa una stella di prima grandezza e che poi di contro si smarrisce in un teatro di provincia». Bella questa…

«Il pericolo esiste, perché è come se uno dovesse recitare una scena in un teatro strano. Io non vorrei trovarmi nei panni dei giocatori del Bologna e del Frosinone. Poi in uno stadio vuoto si sente tutto quello che dici e…».

E magari ci può scappare anche qualcosa contro l’arbitro… Della serie: riecco Renzaccio.

«Altri tempi quelli di Renzaccio, allora ero giovane. Ora sarei bravo…».

Ma se recentemen­te l’hanno buttata fuori anche come allenatore della sua squadra femminile.

«Un caso, non avevo fatto niente. Forse a quell’arbitro gli piaceva raccontare di aver buttato fuori l’Ulivieri».

Che ha fatto l’insegnante a Coverciano sia a Pippo Inzaghi che a Moreno Longo…

«Sì, tutti e due hanno fatto il corso con me, sono due bravi allenatori diversissi­mi».

Perché diversissi­mi?

«Perché hanno caratteris­tiche differenti sia dal punto di vista caratteria­le che della gestione della squadra».

A lei piacciono soprattutt­o gli allenatori che hanno idee e curano molto la tattica.

«E sia Longo che Pippo Inzaghi la curano. Poi Pippo probabilme­nte si porta dietro il grande campione che è stato, l’attaccante che ha segnato tanto anche in Champions League e ciò lo porta in qualche situazione a lasciare più all’istinto».

Nel senso che ingabbia meno il suo giocatore?

«Ingabbiare è un concetto forte, diciamo che gli concede una dose in più di libertà».

Perché dice che caratteria­lmente Longo e Inzaghi sono molto diversi?

«Pippo è il fuoco e lo evidenzia come quando viveva in area di rigore, Moreno lo manifesta di meno, è meno esuberante».

” Pippo è il fuoco e lo evidenzia come quando viveva in area di rigore, Moreno lo manifesta di meno, è meno esuberante

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Emergenti Filippo Inzaghi e Moreno Longo, allenatori di Bologna e Frosinone
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