Ulivieri: «Inzaghi è istintivo, Moreno riflessivo Sarà una bella sfida, ma senza tifo non è calcio»
L’ex rossoblù ha avuto entrambi come allievi a Coverciano: «Bravi, sebbene diversi» E sul match a porte chiuse avverte: «Per i calciatori il rischio è quello di smarrirsi»
Renzo Ulivieri, le è mai capitato di giocare in uno stadio senza tifosi?
«Per fortuna no, senza tifosi non è calcio».
Come non è calcio? Forse sta esagerando…
«No, no, non è calcio, quantomeno ne manca una bella parte».
Perché?
«Perché immagino che la partita venga vissuta in un clima surreale. Oggi il tifoso fa parte del gioco, l’approvazione e la disapprovazione sono importanti, per non dire addirittura fondamentali, se n’è accorto anche chi gestisce lo spettacolo. I seggiolini colorati che simulano la presenza del tifoso non sono assolutamente un caso, sono stati studiati a modo per dare una certa impressione sia a chi guarda la tv che al giocatore, perché uno stadio vuoto è malinconia, è tristezza».
Da allenatore che ne ha viste di tutti i colori che consiglio darebbe ai giocatori del Bologna e del Frosinone che domenica sera dovranno giocare nel silenzio?
«Di fare il possibile per viverla normalmente, sapendo bene che il clima è insolito e immaginando che non sarà facile per nessuno entrare dentro la partita con la testa, abituati come sono ai clamori, ai fischi, ai cori, anche a quelli contro si intende».
In una realtà del genere c’è il rischio che anche i valori tecnici vengano almeno in parte azzerati?
«È vero che la prestazione collettiva è sempre la somma delle prestazioni soggettive, ma chi è bravo resta bravo, di sicuro non perde le sue qualità giocando nel silenzio. Comunque va detto che c’è anche chi ha bisogno di giocare a San Siro per esaltarsi. Poi in fondo prendete l’attore, c’è quello che alla Scala diventa una stella di prima grandezza e che poi di contro si smarrisce in un teatro di provincia». Bella questa…
«Il pericolo esiste, perché è come se uno dovesse recitare una scena in un teatro strano. Io non vorrei trovarmi nei panni dei giocatori del Bologna e del Frosinone. Poi in uno stadio vuoto si sente tutto quello che dici e…».
E magari ci può scappare anche qualcosa contro l’arbitro… Della serie: riecco Renzaccio.
«Altri tempi quelli di Renzaccio, allora ero giovane. Ora sarei bravo…».
Ma se recentemente l’hanno buttata fuori anche come allenatore della sua squadra femminile.
«Un caso, non avevo fatto niente. Forse a quell’arbitro gli piaceva raccontare di aver buttato fuori l’Ulivieri».
Che ha fatto l’insegnante a Coverciano sia a Pippo Inzaghi che a Moreno Longo…
«Sì, tutti e due hanno fatto il corso con me, sono due bravi allenatori diversissimi».
Perché diversissimi?
«Perché hanno caratteristiche differenti sia dal punto di vista caratteriale che della gestione della squadra».
A lei piacciono soprattutto gli allenatori che hanno idee e curano molto la tattica.
«E sia Longo che Pippo Inzaghi la curano. Poi Pippo probabilmente si porta dietro il grande campione che è stato, l’attaccante che ha segnato tanto anche in Champions League e ciò lo porta in qualche situazione a lasciare più all’istinto».
Nel senso che ingabbia meno il suo giocatore?
«Ingabbiare è un concetto forte, diciamo che gli concede una dose in più di libertà».
Perché dice che caratterialmente Longo e Inzaghi sono molto diversi?
«Pippo è il fuoco e lo evidenzia come quando viveva in area di rigore, Moreno lo manifesta di meno, è meno esuberante».
” Pippo è il fuoco e lo evidenzia come quando viveva in area di rigore, Moreno lo manifesta di meno, è meno esuberante