La percezione che moltiplica gli immigrati
In Emilia sono l’11,9%, pensiamo siano il 28,8%. Ecco perché
Gli stranieri residenti in Emilia-Romagna sono 531.000, l’11,9% dei circa 4,4 milioni di abitanti della regione. Ma se andate a parlare con un emiliano-romagnolo vi dirà che sono molti di più, più del doppio: l’immigrazione percepita porta infatti a quantificarli fino al 28,8% della popolazione, con un differenziale quindi di 17 punti percentuali. Ed è una situazione che con numeri diversi, ma con il medesimo trend si ripete in tutta Italia e in modo molto evidente in quelle che un tempo venivano definite regioni «rosse» (Toscana, Marche, Umbria, oltre all’Emilia).
È il quadro che emerge da uno studio dell’Istituto Cattaneo sull’immigrazione reale e percepita, tema sul quale si dibatte moltissimo negli ultimi giorni in relazione al caso della nave militare Diciotti. Elaborando dati Istat e Eurobarometro, il centro di ricerca socio-politica bolognese evidenzia infatti che gli italiani sono il popolo che più sovrastima il numero di immigrati effettivamente presenti nel Paese tra i 28 dell’Unione Europea: in tutta Italia gli stranieri rappresentano il 7% dei residenti ma in media, da nord a sud, arriviamo a piazzarli al 25% di presenza: tre volte, quasi quattro, più del dovuto. Il Cattaneo mette in luce come siano molti i fattori che influenzano questa situazione: grandi differenze si notano per esempio in base al titolo di studio dichiarato, con stime più precise da parte di chi può vantare un livello culturale più alto e invece errori più evidenti da parte di chi non ha alti gradi di istruzione. La ricerca prende in esame 1.025 cittadini italiani e li divide in cinque macro aree territoriali: come da tradizione, nel suo report il Cattaneo distingue anche le regioni rosse. Ne viene fuori che la presenza reale è effettivamente più alta nelle aree storicamente legate alla sinistra, con l’11,1% ma che ad essere più alta è anche la presenza percepita: il 27,9%, quindi con una differenza del 16,8%. Rispetto a questo dato accorpato la nostra regione ha quindi più stranieri residenti ma anche un errore lievemente più alto. «Come si può leggere dai numeri, siamo perfettamente in linea con il contesto nazionale — commenta Marco Valbruzzi, il ricercatore che si è occupato dello studio —. A parziale discolpa va detto che in regione gli stranieri sono effettivamente di più e quindi l’errore è in realtà inferiore rispetto ad altri casi eclatanti». Il riferimento di Valbruzzi è al sud di Italia, dove a fronte di un dato reale del 4,3% di stranieri si pensa che siano il 27,5% (+23%). Al nord ovest il differenziale è +10,5%; al nord est +11,1%; al centro +16,5%. «Il fatto di essere territori tradizionalmente governati dalla sinistra incide poco — sottolinea Valbruzzi —. Perché soprattutto negli ultimi anni spesso la sinistra ha inseguito la destra su questo tema, senza fare campagne per fare chiarezza sui numeri reali. Avere partiti molto concentrati su questo fenomeno, condizionando il dibattito politico, ha chiaramente delle conseguenze».
A proposito dell’appartenenza politica, incide molto nell’inquadrare il fenomeno dell’immigrazione, portando comunque tutti a sovrastimare: chi è di sinistra percepisce gli stranieri al 18%, i simpatizzanti di centrosinistra al 23,2%, addirittura più dei centristi (20,2%). Il centrodestra viaggia sul 24,2% e chi è di destra arriva al 32,4%. Tornando al titolo di studio ecco che chi ha la laurea sbaglia meno (percezione al 17,9%), chi ha il diploma di più (25,6%) e chi ha la terza media 28,1%. Discorso simile per la classe sociale: chi vive una situazione agiata è portato a numeri più vicini alla realtà, con una percentuale del 19,3%, e la forbice aumenta scendendo i gradini di redditi e stipendi, fino ad arrivare a una stima dell’immigrazione da parte di un operaio non specializzato al 28,8%. E ad influire c’è anche la dimensione del comune nel quale viviamo, con i residenti nelle grandi città portati ad ingigantire il fenomeno (30,6% il dato medio di un abitante di metropoli come Roma, Milano, Napoli) contro il 23,5% di un centro medio-piccolo e il 21,9% di un’area rurale. «Cosa porta gli italiani e gli emilianiromagnoli a questi dati? Quello che ho potuto capire è che non possiamo legarci a un solo fattore — aggiunge Valbruzzi —. Sicuramente avere una quota di laureati più bassa di altri Paesi influisce, e la distribuzione territoriale da nord a sud che registriamo ne è una conseguenza. Stesso discorso per quanto riguarda la ricchezza, che come sappiamo è storicamente più a nord che a sud». Quello che ne consegue è poi un giudizio solo negativo sull’immigrazione e un «ingigantimento delle conseguenze».