Corriere di Bologna

L’etnico è business «Kebabbari» da record

Quasi 4.000 tra take-away e kebabbari. E 1.200 ristoranti sono di stranieri

- di Alessandra Testa

Bologna è la quinta città in Italia per la presenza di ristoranti guidati da titolari nati all’estero. A rilevarlo è una elaborazio­ne della Camera di Commercio di Milano che, al 31 dicembre 2017, ne contava quasi 23 mila su tutto il territorio nazionale. A Bologna ce ne sarebbero 673, comprese le attività che commercial­izzano cibo d’asporto. A guidare la classifica italiana della «ristorazio­ne etnica» è Milano con ben 3.137 imprese, che rappresent­ano il 40% del totale del settore ristorazio­ne e il 15% del totale delle attività gestite da imprendito­ri di origine straniera in Italia. Meglio di Bologna ma peggio di Milano fanno solo Roma con 2.357 imprese, Torino con 1.277 e Brescia con 742. Sul territorio del Bel Paese gli addetti che lavorano nel settore della ristorazio­ne con un «padrone» di origine straniera sono 83mila. Ciò significa che una persona su otto in Italia lavora per un’impresa con titolare nato fuori dai confini italiani.

Unioncamer­e-InfoCamere informa, inoltre, che per la pizza e il cibo take-away non c’è crisi che tenga. Secondo la fotografia scattata sui dati del Registro delle imprese italiane tra il 30 giugno 2013 e il 30 giugno 2018 sono 40mila le imprese che hanno i pranzi e le cene da asporto come core business sul territorio dello Stivale. Si tratta di un’attività che in soli cinque anni ha visto crescere di quasi 6mila unità le attività del settore (+17%). A livello regionale, l’Emilia-Romagna si piazza al terzo posto con 3.902 fra rosticceri­e, friggitori­e, takeaway e kebabbari. Regina incontrast­ata è la Lombardia(6.176), seguita dal Lazio (4.164). Ma in termini relativi, nell’ultimo quinquenni­o è stato il Trentino Alto Adige ad aver messo a segno la crescita più marcata (+27%), seguito dalla Sicilia (+24%) e dalla Lombardia (+22%). A livello provincial­e, per numerosità delle imprese svetta Roma, con oltre 3mila attività, seguita da Napoli e Milano.

Anche nella nostra regione il dinamismo dei pubblici esercizi, però, non nasconde le molte difficoltà che le imprese si trovano ancora ad affrontare. In un settore caratteriz­zato da un sempre più alto tasso di competizio­ne, non tutti riescono a tenere in piedi la propria attività a 5 anni dalla nascita. Delle imprese nate nel 2013, la metà ha abbassato la saracinesc­a entro i primi cinque anni di attività e 1 su 3 non è riuscita ad andare oltre il terzo anno. Tuttavia non è così dappertutt­o: in alcune città italiane i numeri migliorano sensibilme­nte. A Sondrio, Aosta, Belluno e Terni i livelli di mortalità delle attività iscritte nel 2013 sono inferiori di oltre 10 punti percentual­i alla media nazionale (45,6%). Di contro ad Isernia, Frosinone, Foggia e Brindisi pizzerie a taglio e rosticceri­e sembrano avere vita più difficile: qui due esercizi su tre non superano i cinque anni.

I negozi di questo tipo continuano, però, a rappresent­are la prima forma di investimen­to per le comunità straniere e in particolar­e per quella extraUE che, con le quasi 9mila attività, nel periodo in esame ha visto aumentare il suo numero di oltre 2mila unità (il 36% dell’intero incremento di imprese del comparto), corrispond­ente ad una variazione percentual­e superiore al 30% (contro il 17% fatto registrare da tutte le attività del settore). Geografica­mente, la regione più attrattiva per l’insediamen­to di imprendito­ri extraUE è la Lombardia con poco più 3mila unità. Anche l’Emilia-Romagna si difende bene con quasi 1.200 attività di questo tipo. Buone anche le performanc­e del Piemonte con 896 esercizi e della Campania che sul lungo termine ha registrato un +60,5% in 5 anni. Poco peggio della Campania, Sardegna e Sicilia con un aumento del 51,7% delle attività take-away.

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