Diciotti, accolti due eritrei
Don Prosperini, Caritas: «Ma non diremo dove, il loro arrivo deve essere il più tranquillo possibile»
Dopo tante traversie, arrivano a Bologna due eritrei della Diciotti.
Arriveranno sotto le Due Torri per essere accolti dalla Curia bolognese due migranti che erano a bordo della Diciotti. Il vescovo Matteo Maria Zuppi aveva risposto immediatamente all’appello della Cei per accogliere i cento richiedenti asilo provenienti dall’Eritrea. Pronti ad ospitarli. Detto fatto.
L’intervento della Cei è stato risolutivo e ha sbloccato una situazione ferma dal 20 agosto, quando la nave Diciotti, un pattugliatore della Guardia Costiera, ha attraccato al porto di Catania ma ai profughi è stato impedito di scendere su ordine del ministro Matteo Salvini che nel frattempo è stato indagato dalla Procura di Agrigento assieme al suo capo di gabinetto Matteo Piantedosi.
In un primo momento voci di corridoio avevano individuato all’Eremo di Ronzano una possibile collocazione. Ma così non sarà, anzi si è deciso di mantenere il massimo riserbo su quale struttura o su quale famiglia del tessuto diocesano bolognese accoglierà i due migranti. Anche alla luce di quanto accaduto la sera del 28 agosto, quando i 100 eritrei sono arrivati a Rocca di Papa, vicino al Lago di Castel Gandolfo. Presidi di Forza Nuova e CasaPound hanno tentato di bloccare l’arrivo dei due autobus alla struttura messa a disposizione dalla Cei.
«Sul quando e dove preferiamo discrezione affinché questo arrivo sia il più tranquillo possibile per queste persone», ha spiegato il nuovo direttore della Caritas don Matteo Prosperini che fatto il punto anche sull’accoglienza bolognese realizzata fin qui. E rispetto alla «solitudine dei prefetti», lamentata dopo le intercettazioni del prefetto Patrizia Impresa, ha osservato: «In questo tempo tante parrocchie, famiglie, associazioni si sono date da fare per accogliere e l’impressione è quella di una bella rete e non di solitudine. L’apertura di alcuni Cas sostenuti in qualche modo dalle comunità parrocchiali o il progetto Caritas “un rifugiato a casa tua” denotano un impegno concreto da parte di tanta gente».
Si potrebbe fare di più? «Anche dalla mia esperienza personale di parroco penso che l’accoglienza richieda competenza, intelligenza e sostenibilità. Non dobbiamo mai pensare ai numeri, ma a quello che una comunità o una famiglia può fare. Personalmente mi è tornata alla mente una frase del film “Schindler’s list” che il protagonista pronuncia alla fine della sua storia e che rappresenta anche la sua vicenda: “chi salva una vita, salva il mondo intero”». Una frase di un Talmud ebraico: «Accogliere non significa “fare dei numeri”, bastano anche due ragazzi per allargare il nostro cuore agli altri, prendercene cura, condividere con loro la stessa umanità».