Il Viminale lascia il prefetto al suo posto E la chiama Piantedosi
Resta al suo posto il prefetto Patrizia Impresa. La bufera che l’ha travolta non ha al momento avuto ripercussioni, se non quelle legate all’immagine di una funzionaria di lungo corso che esce per lo meno offuscata dal contenuto delle intercettazioni disposte dalla Procura di Padova nell’inchiesta sulla gestione dell’immigrazione nei centri del Veneto. Non sono previste audizioni a breve termine né sono arrivate richieste di spiegazioni ufficiali dal ministero. Anche perché, diversamente dal suo vice dell’epoca, Pasquale Aversa, spostato a nuovo incarico dopo l’emersione del suo coinvolgimento nell’inchiesta, Impresa non è indagata. Poi c’è un piano politico e di opportunità e naturalmente ai piani alti del Viminale la vicenda e i futuri sviluppi sono seguiti con la massima attenzione: vengono passate ai raggi x le intercettazioni che la coinvolgono, viene valutata l’opportunità della sue parole e le possibili ripercussioni, così come si stanno valutando le spiegazioni sul suo operato che lei stessa ha affidato alla stampa. Fonti interne al Viminale accreditano lo scenario difficile nel quale Impresa era costretta a muoversi, schiacciata tra «il pressing di Roma, che negava pubblicamente l’emergenza migranti, e un territorio invece in grande sofferenza sul tema dell’accoglienza». Insomma, era sotto stress per
colpa di scelte politiche del centrosinistra che passavano sulla sua testa e che naturalmente il governo gialloverde a trazione leghista ora stigmatizza. Un concetto già espresso dal ministro Salvini il giorno della pubblicazione delle intercettazioni, anche se tre anni fa da segretario della Lega Nord ne chiese le dimissioni per il progetto di assegnare case private ai profughi. Non è un caso allora che in queste ore difficili al prefetto siano arrivate diverse telefonate di solidarietà e vicinanza. Amici e colleghi, naturalmente, ma anche rappresentanti delle istituzioni con cui ha lavorato in questi anni. L’altro giorno ha chiamato pure l’ex prefetto di Bologna e attuale capo di gabinetto di Salvini, Matteo Piantedosi, che con Impresa si è passato il testimone e che condivide con lei un’estate complicata sul fronte dell’immigrazione. Come noto infatti Piantedosi è finito indagato con il ministro Salvini per la gestione del caso Diciotti, la nave della Guardia Costiera carica di migranti rimasta bloccata per giorni al porto di Catania. Una telefonata di prassi, di presa d’atto della situazione, si limitano a dire da Roma. Il prefetto ieri era al suo posto a Palazzo Caprara. Chi le ha parlato l’ha trovata amareggiata ma convinta di aver spiegato in modo esauriente la sua posizione e, soprattutto, sicura di non aver operato al di fuori delle regole. Uno stato d’animo che non è cambiato nemmeno dopo la pubblicazione di nuovi imbarazzanti stralci di conversazioni con il vice prefetto Aversa nelle quali si adombrano presunte «soffiate» alla coop Edeco (ex Ecofficina) su una perquisizione imminente disposta dalla Procura al centro per immigrati di Bagnoli.
Massima attenzione ma no provvedimenti «Era sotto stress per scelte della politica»