Gli altri eritrei all’Eremo: abbiamo un futuro
La storia di Samuel e Miriam, ospitati da tre mesi da Frate Fusco insieme a ventinove migranti
«Saved», salvata. È stata la prima parola pronunciata da Miriam, una delle richiedenti asilo eritree arrivate all’Eremo di Ronzano tre mesi fa grazie a un corridoio umanitario della Comunità di Sant’Egidio. E continua a ringraziare mentre prepara il loro tipico caffè, il Bun, rispettando ogni passo della cerimonia, tratto caratteristico dell’ospitalità dell’Eritrea, un segno di «amicizia e di rispetto».
Mentre i chicchi si tostano lentamente e il fumo viene spinto nella direzione degli ospiti, in quello che è diventato il salotto delle tre famiglie eritree ospitate da Frà Benito Fusco e dalla coop DoMani con un apposito progetto, i suoi due figli giocano. Il più grande ha tre anni, l’altro sei mesi. Lei e suo marito Samuel, entrambi trentenni, sono fuggiti dal loro paese quattro anni fa: «La mia vita e quella della mia famiglia era in pericolo — spiega Samuel — . Mi sono opposto all’obbligo della leva, non volevo diventare un soldato. Mi sono dovuto nascondere per anni o sarei finito in carcere. Poi un giorno siamo scappati a piedi fino ad Addis Abeba, in Etiopia. Lì siamo stati ospitati in un campo profughi». La loro storia è simile a quella di molti altri: «Non fuggiamo per la fame — precisa — ma perché le nostre vite sono in pericolo». Miriam e Samuel però si sentono «fortunati» assieme all’altra coppia e alla mamma con un figlio che da tre mesi sono accolti all’Eremo.
Non si sbilanciano sulla questione politica attuale, sulla vicenda della Diciotti. Ma ricordano con commozione la loro salvezza. «Avevamo perso le speranze, eravamo profughi da anni. Abbiamo vissuto nascondendoci, con piccoli lavoretti. Mia moglie è laureata in lingue, insegnava inglese alle elementari prima d’esser costretti a fuggire. Poi siamo stati “scelti”: con la Comunità di Sant’Egidio abbiamo iniziato un percorso». E nel giro di 48 ore sono arrivati sotto le Due Torri. Da Addis Abeba a Roma, un volo fino a Fiumicino. Poi gli è stata rivelata la destinazione: Bologna. «La nostra terra è molto legata a questa città. Bologna per Asmara è molto importante. E quando ci hanno spiegato che la nostra nuova città è una delle più accoglienti, siamo stati molto contenti». Loro dal Corno d’Africa, grazie al corridoio umanitario, sono riusciti ad evitare la traversata del Mediterraneo, e soprattutto la Libia. Come invece hanno fatto i cento migranti della Diciotti.
Samuel ora vive con gli altri connazionali eritrei in un’ala dell’Eremo, a qualche decina di metri ci sono le altre storie, quelle dei 22 giovani migranti, soli non accompagnati ospiti Sprar. Il percorso della Comunità di Sant’Egidio durerà un anno: «Poi sarò autosufficiente per il mio futuro — dice convinto — .Credo nell’integrazione».