Corriere di Bologna

CRESCITA E POLITICA UNA SFIDA

- Di Gigi Copiello

La «grassa» Emilia Romagna ed il Veneto della pellagra. Le immagini furono queste, tra l’800 e la prima metà del 900. Poi, negli anni 60 e 70, l’agricoltur­a perde peso e l’industria esce dal triangolo MilanoTori­no-Genova: qui il Veneto dei capannoni viaggia alla grande e accorcia le distanze. C’erano venti e passa punti di Pil a favore dell’Emilia Romagna; si riducono ad 8 nel 1990. E così viene avanti una nuova immagine: più uguali che diversi (lasciando perdere i «compagni»). Dopo il ‘90, con la globalizza­zione, l’euro e l’innovazion­e, si apre una nuova storia. E questa volta il segno si inverte e le distanze tornano a crescere: dagli 8 punti di Pil nel ‘90 ai 10 nel 2000 e ai 12 nei giorni nostri. Una forbice che si apre, che si riapre. Un divario di ricchezza e di salari, spiegato dal professor Mosconi con la capacità di innovazion­e e con la crescita dimensiona­le di parti fondamenta­li dell’industria meccanica emiliana.

Tre fasi storiche diverse. Ma se la prima è segnata dalla natura (la ricca pianura padana contro la stentata collina veneta), le altre fasi dipendono dalle scelte degli uomini. Nel passaggio dall’agricoltur­a all’industria diffusa, il Veneto non è stato secondo a nessuno: la mobilitazi­one di uomini e mezzi fu totale. E le decisioni politiche conseguent­i. Si veda l’uso illimitato del territorio, le mille zone artigianal­i del trevigiano ad esempio. Anche la terza fase è segnata da scelte, della società e della politica.

Si veda il tasso di attività: simile tra i maschi, molto diverso tra le donne, nettamente più alto in Emilia Romagna rispetto al Veneto. E questo perché c’è stato un «lavoro» per far lavorare le donne in quella regione: una grande diffusione di asili nido, ad esempio. Ed il lavoro ha pagato. Non stupisce che l’Emilia attragga più laureati di ogni genere persino della Lombardia. Mentre il Veneto ne cede a tutti, nazionali ed esteri. Un mercato del lavoro «ricco» fa il territorio ricco e un mercato del lavoro «povero», lo impoverisc­e. La politica dunque ha fatto la sua parte. Ma è da notare come sia stata e sia trattata. Il Veneto ha conosciuto lo sviluppo ed il più alto tasso di crescita con il personale politico della prima Repubblica. Dalla ricostruzi­one ai mitici anni ’80. Con una traiettori­a precisa del consenso: più l’economia cresceva e più non si vedeva l’ora di cambiare. Nel Veneto infatti, negli anni ’80, nacque la Liga. Dal ’90 ad oggi sono gli anni della seconda Repubblica. E nel Veneto sono gli anni in cui rallenta, si ferma del tutto e poi riparte, ma piano. Più piano dell’Emilia Romagna. E qui la traiettori­a del consenso è altrettant­o precisa. Quale Regione ha avuto il Governator­e più popolare d’Italia? I sondaggi dicevano Galan ieri (perché non ricordarlo?) e Zaia oggi. Di Errani, invece, non si occuparono granché i sondaggi né si aprirono le porte dei ministeri. Ci sono varie letture che si possono fare. Una più di tutte mi sembra attuale: quando si cresce, pare che la politica serva poco o niente. Quando si cresce meno, o si decresce, si butta tutto in politica. È una constatazi­one. Non è detto che sia la soluzione.

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