«Autonomia, meglio la via emiliana»
Il costituzionalista Mezzetti: difficile l’iter scelto dal Veneto
” Chiudere entro un anno è un auspicio meritevole, ma conosciamo i tempi del Parlamento
” Concentrarsi su un numero minore di competenze è una strada più percorribile Poi nulla vieta successivi aggiornamenti in senso ampliativo o restrittivo
È la via emiliana la strada più sicura per arrivare a una maggiore autonomia regionale. Con buona pace del Veneto e del suo referendum consultivo di un anno fa. «La strada scelta dall’Emilia-Romagna, così come dalla Lombardia, è quella più facilmente percorribile», sottolinea il costituzionalista Luca Mezzetti, direttore della Scuola superiore di Studi giuridici.
Professore, al bivio dell’autonomia ci sono tre Regioni. Da un lato l’Emilia-Romagna e la Lombardia, che chiedono la gestione diretta di 15 competenze. Dall’altra il Veneto, che vuole il pacchetto completo delle 23 materie previsto dalla Costituzione. Crede che una via sia tecnicamente più percorribile o si tratta solo di scelte politiche diverse?
«Probabilmente la via emiliana, così come quella lombarda è più facilmente percorribile. Riconoscere la bellezza di 23 materie a titolo di competenza esclusiva a favore di una Regione significa sottrarre potere legislativo dal Parlamento. Uno spostamento così grosso di sovranità legislativa dallo Stato centrale a una Regione non credo possa passare attraverso una semplice legge, ma probabilmente servirebbe una vera e propria legge costituzionale. Si tratterebbe di una tale accentuazione dell’autonomia regionale da produrre un vero e proprio mutamento nello statuto della Regione, che da ordinaria probabilmente diventerebbe a statuto speciale o quasi».
Dunque a Roma un provvedimento del genere rischierebbe di impantanarsi.
«Che il Parlamento debba deliberare una cosa del genere in un contesto di così forte frammentazione politica rende il tutto più complicato. La soluzione scelta dall’EmiliaRomagna e dalla Lombardia invece è più flessibile, un regionalismo a geometria variabile che tiene sufficientemente conto delle autonomie locali».
Anche il governo, stando alle dichiarazioni del sottosegretario Buffagni (M5S), sembra pensarla così.
«Concentrarsi su un numero minore di competenze è una strada più percorribile. Poi nulla vieta successivi aggiornamenti nel bene e nel male, in senso ampliativo o restrittivo».
Secondo una prima stima, comunque provvisoria, con 15 competenze l’Emilia-Romagna potrebbe ritrovarsi a gestire direttamente fino a 3 miliardi di euro in più. Crede che l’operato amministrativo migliorerà solo per questo?
«Ci sono Regioni virtuose e altre che lo sono meno. Io ritengo che l’Emilia-Romagna sia debba essere necessariamente ricompresa tra le prime. Sono convinto che abbia tutte le capacità e l’esperienza per gestire al meglio quelle risorse aggiuntive che dovessero arrivare dal percorso autonomista. Ma bisognerà capire di cosa stiamo parlando esattamente, soprattutto su una materia così delicata come l’istruzione».
Il governatore Stefano Bonaccini conta di ottenere l’autonomia entro la fine dell’anno. Crede sia una tempistica plausibile?
«Beh, i tempi di approvazione delle leggi in Parlamento li conosciamo tutti e sono un po’ lunghi. Il suo è un auspicio meritevole di apprezzamento, ma non so fino a che punto sia compatibile con la volontà del Parlamento».