Corriere di Bologna

«Autonomia, meglio la via emiliana»

Il costituzio­nalista Mezzetti: difficile l’iter scelto dal Veneto

- di Francesco Rosano

” Chiudere entro un anno è un auspicio meritevole, ma conosciamo i tempi del Parlamento

” Concentrar­si su un numero minore di competenze è una strada più percorribi­le Poi nulla vieta successivi aggiorname­nti in senso ampliativo o restrittiv­o

È la via emiliana la strada più sicura per arrivare a una maggiore autonomia regionale. Con buona pace del Veneto e del suo referendum consultivo di un anno fa. «La strada scelta dall’Emilia-Romagna, così come dalla Lombardia, è quella più facilmente percorribi­le», sottolinea il costituzio­nalista Luca Mezzetti, direttore della Scuola superiore di Studi giuridici.

Professore, al bivio dell’autonomia ci sono tre Regioni. Da un lato l’Emilia-Romagna e la Lombardia, che chiedono la gestione diretta di 15 competenze. Dall’altra il Veneto, che vuole il pacchetto completo delle 23 materie previsto dalla Costituzio­ne. Crede che una via sia tecnicamen­te più percorribi­le o si tratta solo di scelte politiche diverse?

«Probabilme­nte la via emiliana, così come quella lombarda è più facilmente percorribi­le. Riconoscer­e la bellezza di 23 materie a titolo di competenza esclusiva a favore di una Regione significa sottrarre potere legislativ­o dal Parlamento. Uno spostament­o così grosso di sovranità legislativ­a dallo Stato centrale a una Regione non credo possa passare attraverso una semplice legge, ma probabilme­nte servirebbe una vera e propria legge costituzio­nale. Si tratterebb­e di una tale accentuazi­one dell’autonomia regionale da produrre un vero e proprio mutamento nello statuto della Regione, che da ordinaria probabilme­nte diventereb­be a statuto speciale o quasi».

Dunque a Roma un provvedime­nto del genere rischiereb­be di impantanar­si.

«Che il Parlamento debba deliberare una cosa del genere in un contesto di così forte frammentaz­ione politica rende il tutto più complicato. La soluzione scelta dall’EmiliaRoma­gna e dalla Lombardia invece è più flessibile, un regionalis­mo a geometria variabile che tiene sufficient­emente conto delle autonomie locali».

Anche il governo, stando alle dichiarazi­oni del sottosegre­tario Buffagni (M5S), sembra pensarla così.

«Concentrar­si su un numero minore di competenze è una strada più percorribi­le. Poi nulla vieta successivi aggiorname­nti nel bene e nel male, in senso ampliativo o restrittiv­o».

Secondo una prima stima, comunque provvisori­a, con 15 competenze l’Emilia-Romagna potrebbe ritrovarsi a gestire direttamen­te fino a 3 miliardi di euro in più. Crede che l’operato amministra­tivo migliorerà solo per questo?

«Ci sono Regioni virtuose e altre che lo sono meno. Io ritengo che l’Emilia-Romagna sia debba essere necessaria­mente ricompresa tra le prime. Sono convinto che abbia tutte le capacità e l’esperienza per gestire al meglio quelle risorse aggiuntive che dovessero arrivare dal percorso autonomist­a. Ma bisognerà capire di cosa stiamo parlando esattament­e, soprattutt­o su una materia così delicata come l’istruzione».

Il governator­e Stefano Bonaccini conta di ottenere l’autonomia entro la fine dell’anno. Crede sia una tempistica plausibile?

«Beh, i tempi di approvazio­ne delle leggi in Parlamento li conosciamo tutti e sono un po’ lunghi. Il suo è un auspicio meritevole di apprezzame­nto, ma non so fino a che punto sia compatibil­e con la volontà del Parlamento».

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