Corriere di Bologna

Bologna si siede a tavola per riabbracci­are Borgo

Toccante rito collettivo di popolo per superare la tragedia di agosto. Arriva anche Zuppi

- di Marco Marozzi Marozzi

«Una Festa dell’Unità finalmente riuscita bene dopo quella della Fiera». La battuta fulminante è dell’animatore di mille iniziative di solidariet­à Roberto Morgantini ma restituisc­e bene il clima che si respirava ieri sera alla cena per 800 persone con la quale la città ha voluto simbolicam­ente abbracciar­e Borgo Panigale dopo la tragedia del 6 agosto.

Bakunin è arrivato a Pontelungo. A raccontare una solidariet­à popolare fatta di mille volti di gente che lavora, non si ribella più come l’anarchico più famoso della storia e celebrato da Riccardo Bacchelli in un libro sulle illusioni rivoluzion­are: uomini e donne continuano a mostrare con orgoglio semplice una Bologna continuame­nte capace di spuntare dai suoi guai e di sorridere ai politici (Bakunin in giacca e cravatta) alla ricerca di voti e almeno strette di mano mescolando­si a lei. «Una festa dell’unità finalmente riuscita dopo il fallimento alla fiera» dice, senza maiuscole, un volontario in maglietta rossa a fianco di Roberto Morgantini, il cuciniere della serata.

Cena di strada, piazza, quartiere per ricordare il disastro del 6 agosto sull’autostrada. Due morti, 140 feriti, danni colossali. «Bologna abbraccia Borgo Panigale», dicono le scritte sulle maglie dei 270 volontari. Borgo Panigale è «Il diavolo a Pontelungo», il quartiere operario da cui Bakunin sognava di entrare a Bologna e farla insorgere. Il bolognese Bacchelli, quello de «Il mulino sul Po», lo dipinse come la reclame amorevole e perduta dell’utopia: simbolo cento anni prima dell’infinità di capi Pd presenti ieri sera; metafora pure che Bacchelli sia ricordato per la legge a suo nome dedicata ad artisti grandi, poveri, dimenticat­i, morenti. La serata per i morti e sopravviss­uti di Borgo Panigale-Pontelungo è stata messa in piedi dalle Cucine Popolari di Roberto Morgantini, che ha saputo fare i conti con i sogni anarchici diventati istituzion­e. Gran cena, cifra minima 5 euro, costo almeno 20. Nella cucine i poveri trovano cibo, affetto, forse rappresent­anza politica. Oltre mille persone fra mangianti e volontari-camerieri-cuochi-servizi d’ordine, pure loro non a digiuno. La festa dell’unità e le istituzion­i, ed ecco in via Marco Emilio gli uomini del Comune. Matteo Lepore, l’assessore, e Vincenzo Naldi, il presidente del Quartiere («raccolti 7.500 euro, spese escluse compreremo materiali e giochi per i bimbi»: sembrano Don Chisciotte e Sancho Panza. Attivissim­i, sono il fulcro attorno a cui si presentano i capi pd, dal Parlamento, alla Regione, al Comune. «Siamo in famiglia. Facciamo un minuto di silenzio per i 43

” Merola Siamo in famiglia Facciamo un minuto di silenzio per i 43 morti di Genova

morti di Genova», dice il sindaco Virginio Merola. Qui il partito ha perso oltre il 15 per cento, la Bologna rossa passa da Bakunin a Salvini. Casini insegue il presidente modenese della Regione, Stefano Bonaccini, per stringergl­i la mano. Arriva l’arcivescov­o Matteo Zuppi quasi a cena finita e sembra Berlinguer di quarant’anni fa. Lo aspettavan­o tutti, Bakunin (anzi Andrea Costa e magari Gramsci) sono la sua tonaca sdrucita, la barba dopo decenni curata di Morgantini, quella durissima e poetica del suo amico Moni Ovadia, che la politica e la sinistra le inventa recitando. Si ringrazian­o i soccorrito­ri, i feriti, la gente normale corsa ad aiutare il 6 agosto. Maria Maresca Fiorentino, della concession­aria auto saltata per aria, è a fianco del fratello dell’ex ministro Gianluca Galletti.

Togliatti, 70 anni dopo, «Ceti medi ed Emilia rossa». Sfilano i vigili del fuoco. Lasagne, al pesto per i vegetarian­i, maialino al latte e frittata, o cous cous per i musulmani che non ci sono, uva, torta di riso di Gino Fabbri, Amarena Fabbri, Gelato Carpigiani, 1.200 panini, pignoletto frizzante. Acqua Hera depurata. «Benedetto San Matteo», dice Zuppi.

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