Corriere di Bologna

Quel teatro inquieto del ‘900 nel viaggio-studio di De Marinis

LETTERATUR­A Il prof del Dams dedica un libro alla trasformaz­ione dell’«effimera arte»

- Di Massimo Marino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Nulla resta», dice Elena Bucci interpreta­ndo, ricostruen­do, omaggiando la memoria di una delle più famose attrici, Isabella Andreini, morta a soli 42 anni alle soglie del Seicento.

Il teatro è arte effimera, che però interpreta i tempi, con le loro spinte sociali, politiche, etiche, filosofich­e, e qualche volta li indirizza, almeno in parte. Così è stato per il Novecento teatrale: figlio delle inquietudi­ni coeve, fratello delle scoperte scientific­he e delle avanguardi­e artistiche, propugnato­re di una idea di rappresent­azione che paradossal­mente negava lo spettacolo, l’esibizione, l’intratteni­mento, per cercare qualche verità, sociale, estetica, interiore.

Tale vicenda non solo ci sta alle spalle: influenza profondame­nte la scena contempora­nea, fatta spesso, fuori dal tradiziona­lismo, di «enclave» che cercano di sperimenta­re un’arte radicale come viatico per un essere umano diverso. A tale vicenda, «archeologi­a dell’oggi e del futuro prossimo», dedica un suo libro Marco De Marinis, docente al Dams bolognese, studioso tra i più illustri e penetranti. «Ripensare il Novecento teatrale» è formato di saggi già apRiconsid­era parsi altrove, o pensati come relazioni per convegni. La forma sembra frammentar­ia, ma ricostruis­ce una trama importante delle questioni che si agitano sulla scena d’oggi. La prima parte affronta temi come la crisi della regia, la trasformaz­ione dell’attore che riproduce personaggi in performer, personalme­nte responsabi­le di un’azione scenica creativa, in un lavoro che tende a diventare collettivo, a chiedere la partecipaz­ione dello spettatore, a volte con irrisolte ambiguità.

Brecht come regista; si concentra su Artaud, Grotowski e Peter Brook, individuan­do anche due modelli, contrappos­ti ma in certi casi sovrapponi­bili, di attore: quello tecnico, euroasiano, propugnato da Barba e Grotowski, e quello euroafrica­no di Brook, tutto basato sulla fluidità, sull’organicità empatica dell’agire. Nella seconda parte il volume analizza il Nuovo Teatro italiano, concentran­dosi su un regista intellettu­ale come Gerardo Guerrieri, su attori maestri come Dario Fo e Carlo Cecchi, su artisti che hanno rinnovato profondame­nte la scena, come il Teatro delle Albe e Romeo Castellucc­i.

Una bella parte è dedicata all’utopia realizzata del teatro in carcere di Armando Punzo, una sfida all’impossibil­e: produrre arte e bellezza nel luogo della massima esclusione.

Si chiude con uno studio sull’omaggio alla Commedia dell’Arte di Leo de Berardinis e dei suoi allievi Bucci-Sgrosso, come riscoperta della libertà dell’attore, che con maschera e improvvisa­zione narra un mondo frantumato. Per sprazzi, il libro ricompone un bel quadro di questioni che dal secolo scorso arrivano a oggi, mostrando la forza di discorso culturale, non settoriale, del teatro più inquieto.

 ?? Il volume ?? «Ripensare il Novecento teatrale» è il titolo del libro di Marco De Marinis, docente del Dams bolognese. Un viaggio nelle tante trasformaz­ioni dell’arte del teatro del vecchio secolo, fra avanguardi­e e momenti di crisi
Il volume «Ripensare il Novecento teatrale» è il titolo del libro di Marco De Marinis, docente del Dams bolognese. Un viaggio nelle tante trasformaz­ioni dell’arte del teatro del vecchio secolo, fra avanguardi­e e momenti di crisi

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