GLI ULTIMI GIAPPONESI TRA I DEM
C’è stato un tempo nemmeno troppo lontano in cui il Pd aveva il sole in faccia e a Bologna faceva tutte le parti in commedia: la maggioranza e l’opposizione, la lotta e il governo. C’era perfino il tempo di occuparsi di posti, spazi di potere, cordate e correnti fondate più su divisioni personali che su differenze politiche. Non andava bene neanche allora perché quando un partito parla solo di se stesso e perde la connessione sentimentale con la realtà le cose si complicano, ma a quei tempi andava così. Quel tempo però è finito lo scorso 4 marzo quando la marea gialloverde è arrivata nel Paese e nelle periferie d’Emilia lasciando al Pd solo le roccaforti storiche. Il 4 marzo Bologna ha resistito, il Pd ha eletto tutti i parlamentari nei collegi uninominali e ha ottenuto percentuali superiori al resto d’Italia. Ma è stato probabilmente l’ultimo giro e anche qui niente sarà più come prima a partire dalle elezioni regionali dell’anno prossimo. Da allora sono passati sei mesi e qui si è continuato a fare come ai bei tempi, il Pd ha continuato ad occuparsi di se stesso e ha pensato di essere un’isola a se stante e dentro via Rivani si è continuato a sparare come facevano i giapponesi a guerra finita. Ora c’è da sperare che con le dimissioni, in ritardo di sei mesi del segretario del Partito democratico, Francesco Critelli per la ovvia incompatibilità prevista dallo statuto con la sua nuova carica di parlamentare, possa ricominciare una stagione completamente nuova.
Di questi tempi, con la Lega e i Cinque Stelle che hanno il 60% dei consensi nel Paese, i dirigenti del Pd dovrebbero accendere un cero e abbracciarsi più che litigare ogni giorno. È per questo che è difficile comprendere come si sia dovuti arrivare ad una prova di forza, una raccolta di firme tra i delegati dell’assemblea, per ottenere il rispetto dello statuto e per avere un leader a tempo pieno che possa concentrarsi su amministrative ed Europee del prossimo anno. La colpa non è nemmeno del segretario perché per molto tempo è stato il più abile giocatore di poker in un partito che funzionava per puntate e rilanci e dove il tatticismo delle correnti ha sempre prevalso su tutto il resto. Tanto che il suo nome come parlamentare uscì all’ultima puntata di una partita notturna romana. Le distinzioni tra Pd, sinistra, renziani, ex renziani, nuovi renziani, oggi fanno sorridere. Non basterebbe nemmeno unire tutto quello che c’è: serve un’idea nuova per ripartire a Bologna e nel Paese. In attesa di capire cosa ne sarà del Pd e del centrosinistra a livello nazionale qui si potrebbe fare una cosa importante: eleggere un segretario di alto profilo, capace di dare una visione e un orizzonte al partito. E capace di tornare ad avere una costituency elettorale di riferimento. In un partito, come in ogni comunità, il destino comune viene prima dei destini individuali, questa è l’occasione per dimostrarlo. Se ci si accontenterà di un semplice traghettatore, allora sarà l’ennesima partita di poker dei capicorrente per gestire un potere (le liste di regionali ed Europee) che è tutto da verificare.