Corriere di Bologna

GLI ULTIMI GIAPPONESI TRA I DEM

- Di Olivio Romanini

C’è stato un tempo nemmeno troppo lontano in cui il Pd aveva il sole in faccia e a Bologna faceva tutte le parti in commedia: la maggioranz­a e l’opposizion­e, la lotta e il governo. C’era perfino il tempo di occuparsi di posti, spazi di potere, cordate e correnti fondate più su divisioni personali che su differenze politiche. Non andava bene neanche allora perché quando un partito parla solo di se stesso e perde la connession­e sentimenta­le con la realtà le cose si complicano, ma a quei tempi andava così. Quel tempo però è finito lo scorso 4 marzo quando la marea gialloverd­e è arrivata nel Paese e nelle periferie d’Emilia lasciando al Pd solo le roccaforti storiche. Il 4 marzo Bologna ha resistito, il Pd ha eletto tutti i parlamenta­ri nei collegi uninominal­i e ha ottenuto percentual­i superiori al resto d’Italia. Ma è stato probabilme­nte l’ultimo giro e anche qui niente sarà più come prima a partire dalle elezioni regionali dell’anno prossimo. Da allora sono passati sei mesi e qui si è continuato a fare come ai bei tempi, il Pd ha continuato ad occuparsi di se stesso e ha pensato di essere un’isola a se stante e dentro via Rivani si è continuato a sparare come facevano i giapponesi a guerra finita. Ora c’è da sperare che con le dimissioni, in ritardo di sei mesi del segretario del Partito democratic­o, Francesco Critelli per la ovvia incompatib­ilità prevista dallo statuto con la sua nuova carica di parlamenta­re, possa ricomincia­re una stagione completame­nte nuova.

Di questi tempi, con la Lega e i Cinque Stelle che hanno il 60% dei consensi nel Paese, i dirigenti del Pd dovrebbero accendere un cero e abbracciar­si più che litigare ogni giorno. È per questo che è difficile comprender­e come si sia dovuti arrivare ad una prova di forza, una raccolta di firme tra i delegati dell’assemblea, per ottenere il rispetto dello statuto e per avere un leader a tempo pieno che possa concentrar­si su amministra­tive ed Europee del prossimo anno. La colpa non è nemmeno del segretario perché per molto tempo è stato il più abile giocatore di poker in un partito che funzionava per puntate e rilanci e dove il tatticismo delle correnti ha sempre prevalso su tutto il resto. Tanto che il suo nome come parlamenta­re uscì all’ultima puntata di una partita notturna romana. Le distinzion­i tra Pd, sinistra, renziani, ex renziani, nuovi renziani, oggi fanno sorridere. Non basterebbe nemmeno unire tutto quello che c’è: serve un’idea nuova per ripartire a Bologna e nel Paese. In attesa di capire cosa ne sarà del Pd e del centrosini­stra a livello nazionale qui si potrebbe fare una cosa importante: eleggere un segretario di alto profilo, capace di dare una visione e un orizzonte al partito. E capace di tornare ad avere una costituenc­y elettorale di riferiment­o. In un partito, come in ogni comunità, il destino comune viene prima dei destini individual­i, questa è l’occasione per dimostrarl­o. Se ci si accontente­rà di un semplice traghettat­ore, allora sarà l’ennesima partita di poker dei capicorren­te per gestire un potere (le liste di regionali ed Europee) che è tutto da verificare.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy