IL DOMANI FELICE DELLE MACCHINE
Sulle strade dell’Emilia, al 50° Rally della stampa organizzato da Ercole Spallanzani e Luciano Poggi hanno partecipato una cinquantina di giornalisti dell’automobile. Pochi i giovani, dunque il ritrovo tra colleghi di antica esperienza è finito spesso nel nostalgico ricordo dei tempi d’oro del settore.
Ossia quando, per avere un’idea, un prestigioso marchio italiano invitava per tre giorni le firme di giornali grandi e piccoli, ospitati con signore in una località rinomata, per «provare» il nuovo portellone posteriore di un suo modello. Insomma, c’è stato un periodo in cui le aziende avevano risorse infinite da investire nella promozione, così il Salone di Torino e il Motor Show di Bologna potevano contare su espositori ricchi di idee e di soldi. La prima crisi delle quattroruote si fece poi sentire anche nelle due capitali dei motori, con una serie di alti e bassi che ha spinto inesorabilmente verso il fondo. Via Michelino ha provato a non arrendersi, ignorando però il fatto che il mondo è cambiato. Quando nelle umide giornate di dicembre di anni lontani passavamo dal caldo degli stand al freddo delle aree esterne, pieni di cartelle stampa e gadget, il pubblico attendeva con trepidazione di conoscere le ultime novità. Per i giovani l’auto era ancora un sogno da conquistare, mentre oggi a loro interessa avere l’ultimo telefonino e il tablet o il computer super-efficiente. D’altronde, il nostro modo di muoversi muta sempre più: proprio domenica, sotto l’articolo del probabile addio a Bologna del Motor Show, un altro titolo del Corriere di Bologna introduceva i programmi dell’assessora comunale Priolo che spinge su una Ztl riservata ai soli mezzi elettrici, accelerando nel contempo sulla formula sharing per auto e moto dopo il successo ottenuto dalle biciclette. L’industria dell’auto, tuttavia, non è morta e la sua trasformazione sta premiando l’EmiliaRomagna che non è solo la sede di marchi prestigiosi, bensì il territorio dove esiste una rete diffusa di imprese di eccellenza della componentistica, tale da rendere forte il distretto: parliamo di 219 aziende con oltre sedicimila addetti, circa il 10% del comparto nazionale. Il Sole 24 Ore pochi giorni fa ha evidenziato che «nel 2000 il Piemonte pesava sulla produzione italiana di autoveicoli per il 60%; nel 2015 è sceso al 50 per cento; la dinamica dell’Emilia è opposta: se nel 2000 era al 7%, nel 2015 è salita all’11». E da noi, va sottolineato, si concentra gran parte dell’alto di gamma, quindi investimenti e rendimenti elevati. Modena è il perno di questa realtà, perciò l’ipotizzato trasloco del Motor Show può avere un senso, purché si individui un modello in parte diverso dal passato o, meglio, si valorizzi l’intuizione di Cazzola che riuscì a mettere in ombra il Salone di Torino. Bisogna puntare sull’aspetto sportivo, sugli eventi giornalieri con gare che appassionano il pubblico. Parallelamente, occorre valutare la possibilità di privilegiare i marchi di lusso che, certo, preferiscono gli incontri solitari ed esclusivi ma che forse, con una formula studiata attentamente, potrebbero trovare interessante una fiera del top del top. Il Motor Show può ancora avere un futuro a patto di non guardare indietro con nostalgia. Bologna ha conquistato nuove vetrine internazionali, pertanto può non dolersi più di tanto per la perdita. Perché quel passato glorioso non può tornare, ma altrove un domani felice è ancora realizzabile.