Corriere di Bologna

Cig e solidariet­à, più di 1.500 addetti a rischio

Ecco le fabbriche più «calde». La Fiom: «Rivedere gli ammortizza­tori sociali»

- Beppe Facchini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Sono oltre 1.500 i metalmecca­nici in Emilia-Romagna che da fine settembre rischiano di rimanere senza reddito a causa della scadenza degli ammortizza­tori sociali.

Ieri, infatti, per molte aziende della penisola è stato superato il limite a disposizio­ne nel quinquenni­o dei 36 mesi di Cig e Cds (cassa integrazio­ne e contratti di solidariet­à) e previsto dal decreto legislativ­o 148 del 2015. Tradotto: 140mila tute blu potrebbero ben presto ingrossare le fila dei disoccupat­i nel nostro Paese, Emilia-Romagna compresa. «Bisogna rivedere tutto il pacchetto degli ammortizza­tori sociali e rifinanzia­re i contratti di solidariet­à, altrimenti, in caso di crisi, si rischia di non riuscire più a reggere» avverte il segretario regionale della Fiom Bruno Papignani, ricordando le questioni più calde lungo la via Emilia: si va della Giuliani Infissi di Forlì (116 operai) alla Selta di Piacenza (150), fino alla Tecno di Gualtieri (273). A Rimini l’attenzione è invece rivolta ai 143 lavoratori della Petroltecn­ica («Ai quali potrebbero aggiungers­i altri cento in esubero alla Scm» ricorda Papignani) mentre da queste parti l’osservato speciale si chiama Demm di Porretta Terme, con un’ottantina di operai in scadenza di cassa integrazio­ne. Ma non è finita. «Il tema riguarda anche altre piccole aziende dei vari indotti — continua il segretario Fiom — , più i lavoratori, a Bologna, di Kemet, Motori Minarelli, Breda e Almaviva, che pur non essendo in cassa integrazio­ne hanno ancora a disposizio­ne pochissimi ammortizza­tori sociali».

Secondo i dati Inps, nel primo semestre 2018 sono state autorizzat­e in Emilia-Romagna (fra ordinaria, straordina­ria e in deroga) 8.492.347 ore di cassa integrazio­ne, quasi la metà rispetto allo stesso periodo

Alla Tecno di Gualtieri rischiano in 273 alla Selta di Piacenza si teme per 150 operai

del 2017.

La provincia di Bologna è al primo posto con poco meno di tre milioni di ore a fine giugno (7,2 milioni in tutto il 2017), mentre il Parmense registra il dato provvisori­o più basso: 345.733 ore. «Sempre nello spirito di tutelare i lavoratori e di utilizzare gli ammortizza­tori per accompagna­re l’uscita dalla crisi, sarebbe utile introdurre la causale della cassa integrazio­ne per cessazione subordinat­a a quelle situazioni in cui, in presenza di una manifestaz­ione di interesse o di un procedimen­to finalizzat­o alla continuità produttiva, ci possano essere le condizioni per tutelare i lavoratori in fase di passaggio di proprietà» suggerisce l’assessore regionale alle attività produttive Palma Costi, alla finestra, per ora, in quanto il tema è di competenza dell’esecutivo. «Anche se il dato è più basso rispetto alle stime, che parlavano di 3.400 posti a rischio, il problema rimane — conclude Papignani— . Anzi, in futuro potrebbero esserci nuovi esuberi non solo per la crisi, ma anche per l’utilizzo delle nuove tecnologie. Ecco perché serve rivedere l’intero pacchetto». La stessa richiesta verrà fatta oggi dai sindacati al ministro Luigi Di Maio, col quale è previsto un incontro a Roma. «Speriamo che alle parole seguano i fatti».

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