Corriere di Bologna

Portici, colli, strade: un amore lungo oltre cent’anni

La corsa per la seconda volta prende il via dal capoluogo: le storie e i ciclisti passati da qui

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Il Giro e Bologna, un amore fin dal primo giorno. Già, perché se nel 2019 la corsa per la seconda volta nella storia prende il via dalla nostra città dopo l’edizione del 1994, è bene ricordare che 110 anni fa, la prima tappa della Rosa nel suo epico esordio si concluse all’ippodromo Zappoli, fuori Porta San Felice. Era il 13 maggio 1909 e i 127 ciclisti partirono alle tre di notte (esatto) da Milano, piazzale Loreto, per raggiunger­e Bologna dopo ben 397 km (evitata la via Emilia). Alle 17 lo sprint finale fra Ganna, che cade (ma alla fine farà suo quel primo Giro), e Dario Beni, romano di 20 anni, che vince. Dopo un’oretta ecco tagliare il traguardo i bolognesi Ezio Corlaita e Angelo Magni. Gli ultimi arriverann­o verso le 20 un po’ più in là, in via del Chiù perché l’Ippodromo aveva già chiusi i cancelli. Eroici, tempi e corridori. Non da meno però fu Alfredo Magni, proprio sulle rampe di San Luca nel 1956, quando affrontò la violenta cronoscala­ta di 2 km, con partenza dallo stadio Comunale e poi passaggio sotto al Meloncello, con una clavicola rotta due giorni prima a Volterra. «Ripensando­ci fui abbastanza bravino», disse anni dopo l’atleta toscano che possiamo rivedere in bianco e nero, al massimo dello sforzo e al cospetto di centinaia di tifosi, mentre stringe in bocca un copertone agganciato al manubrio: una foto simbolo del ciclismo, con la fatica e il dolore in primo piano insieme al coraggio e a una resistenza disumana. Furono i meccanici della sua squadra (la prima ad avere uno sponsor, la Nivea), fra cui un giovanissi­mo Ernesto Colnago, poi eccezional­e costruttor­e di bici (vincenti, ne sa qualcosa Eddy Merckx), a suggerire a Magni la soluzione del copertone da stringere fra i denti. «Avevo provato la mattina e dovetti scendere, poi sperimenta­i quell’escamotage e riuscii ad arrivare in cima. Per fortuna ho sempre avuto una bella dentatura. Ricordo una folla fantastica che m’incitava e che vedeva quest’ometto di una certa età con una cosa in bocca, ma cosa c’ha? A fine giro comunque mi diagnostic­arono due fratture e m’ingessaron­o per 40 giorni», ricordò ancora Magni, che sulla Por- rettana sterrata s’allenava frequentem­ente. Quel giorno vinse Gaul, poi vincitore finale, con 3” su un altro scalatore, Bahamontes e 5” su Buratti. Dopo quell’impresa, i «girini» sono tornati a salutare San Luca nel 1984, partendo sempre dal centro storico, ma in una corsa in linea: vinse Moreno Argentin, con 2” su Fignon, ma alla fine fu il Giro di Francesco Moser. E adesso il terzo arrivo Rosa per uno strappo così spettacola­re che per fortuna viene invaso dagli appassiona­ti ogni anno grazie al Giro dell’Emilia: prima del Giro quindi, appuntamen­to al 6 ottobre.

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Vintage Il Giro d’Italia in centro a Bologna in bianco e nero (foto Archivio Walter Breviglier­i)
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