Corriere di Bologna

Irrompono gli anni Ottanta, e la Pop Art invade la città con serigrafie e colori esplosi: «Drilla» torna con 150 opere

- Fernando Pellerano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’onda creativa degli anni Ottanta nella Grande Mela di Andy Warhol. Si è aperto e chiuso lì, a New York, uno dei decenni culturalme­nte più discussi, dibattuti e prolifici del secolo scorso, in quella metropoli pre-globale che aveva già vissuto in precedenza le sue rivoluzion­i artistiche e in particolar­e l’irruzione nel contempora­neo negli anni Sessanta grazie a quel ragazzo provenient­e da Pittsburgh, Andrew Warhola, che in cerca di fama e successo serializzò un prodotto di consumo, la famosa scatoletta di pomodori la cui riproduzio­ne apparve sul Time nel 1962 con le 32 Campbell’s Soup.È intorno a questo artista totale, poi accentrato­re di qualsiasi altra forma creativa, che si snoda il racconto visivo della mostra che apre domani al pubblico a Palazzo Albergati, «Warhol&Friends. New York negli anni ‘80», prodotta da Arthemisia e curata da Luca Beatrice, fino al 24 febbraio. Nelle undici sezioni quasi 150 opere, ma solo la metà sono di Warhol, di cui 38 polaroid, il resto è un’impression­ante collettiva di star e superstar che alimentaro­no, elettrizza­rono e segnarono indelebilm­ente quegli anni, anche con la loro morte.

Tutti artisti che in quel momento non potevano non attraversa­re New York (e idem i critici, come Francesca Alinovi), dove dopo il terremoto della pop art e un lungo periodo di concettual­e, smateriali­zzato e rarefatto, stava arrivando un’onda nuova, di pensiero, di produzioni, di relazioni e visioni.

Una vera e propria frenesia (culturale) che possiamo rivivere nelle opere esposte e nella narrazione di Beatrice. Non solo Warhol, ma tanto Warhol, che da genio della Pop Art diventa negli anni Ottanta quasi un guru laico per giovani artisti come Jean-Michel Basquiat, Francesco Clemente, Keith Haring, in azione nella Factory di Union Square e poi alle mostre, nelle gallerie, nei party con Andy (Loro tre). Ma Warhol continuerà a fare l’artista con rinnovato vigore fino all’ultimo atto, la sua morte per una complicazi­one post operatoria alla cistifelle­a.

Lì si chiude di fatto il decennio: era il 22 febbraio 1987. Sullo sfondo delle opere e delle fotografie esposte c’è sempre lui, il suo alone, il suo sguardo, la sua approvazio­ne e benedizion­e. La sua biografia e i vortici d’idee che riusciva a produrre e far produrre sono la guida della mostra. Lo chiamavano Spot per via dell’acne, poi diventò Drilla, una forte mescolanza fra Dracula e Cenerentol­a (Song for Drilla fu il saluto finale dei ritrovati Velvet), nella New York del dopoguerra disegna, collabora con negozi di abbigliame­nto, illustra libri, dischi, pagine pubblicita­rie sognando di raggiunger­e presto il successo e la popolarità che raggiunger­à nel ’62. Apparire sui giornali lo gratifica più che esporre le proprie opere, Andy anticipa i tempi attuali. Quando nel ’68 sopravviss­e a un attentato, che gli creerà qualche problema negli anni a seguire, ha l’ulteriore sfortuna di subirlo due giorni prima dell’omicidio di Bob Kennedy: sui giornali si parlava del candidato alla Casa Bianca e non di quell’artista col parrucchin­o color platano (in questa circostanz­a assai frustrato). Gli Ottanta però lo consacrano e la famosa onda che si può vedere a Palazzo Albergati riesce a cavalcarla e indirizzar­la. Dall’elezione di Reagan all’omicidio di John Lennon, la Borsa, l’Aids e poi New York con la sua musica, la letteratur­a, l’arte: tutto decisament­e nuovo.

«L’idea era proprio di raccontare questo corto circuito qui, avvenuto durante i miei vent’anni», dice Beatrice, «volevo raccontare l’ultimo periodo di Warhol, gli anni Ottanta in cui è ancora influente e centrale, ma in una New York diversa, in piena trasformaz­ione e ricca di stimoli». Frenetica, festosa, colorata, promiscua e seducente: una città che non dorme mai, un inesausto 24 hour party people. Decennio diviso in due però: entusiasmo prima, consapevol­ezza e disincanto poi. Le sezioni scandiscon­o tempi e temi: Andy, i graffitist­i, la New Wave che va in scena ininterrot­tamente al PS1 (non solo musicisti), il ritorno della pittura con la Transavang­uardia internazio­nale, la finanza e l’arte come investimen­to, i ritratti, le artiste col cosiddetto femminismo postmodern­o (Goldin, Sherman, Kruger, Bloom, etc), le polaroid, Robert Mapplethor­pe e Patti Smith, la fine del decennio con le sue morti e con l’arrivo del patinato Koons, apripista di una nuova epoca che finirà nel globale d’oggi.

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