Zanza, il romanzo vivente della Riviera ultimo mito di una Nashville patriottica
Se n’è andato l’ultimo dei personaggi di Pier Vittorio Tondelli. Con la morte di Maurizio Zanfanti, «Zanza», morte che lo ha colto con sublime provvidenzialità «nell’atto», subito dopo aver fatto l’amore in auto con una bella ragazza di quarant’anni più giovane, il romanzo vivente della riviera romagnola perde il suo protagonista e si avvia, forse irrimediabilmente, verso il posto dei ricordi. È quello che Tondelli in uno degli articoli raccolti in Un weekend postmoderno (1990) chiamò «Adriatico kitsch»: «I viali, i caffè, i moli, le pizzerie, i porti, le pinetine, le discoteche eroirock, le balere, i night-club VM i minori di cinquant’anni, le sale da gioco dai nomi improbabili (Reno, Las Vegas, Montecarlo...), le spiagge, i vialetti, i dondoli, le gelaterie, i negozietti, le birrerie sotto i tucul in cemento». Zanza era il pesce più grosso di quell’acquario, di quella estate italiana bollente e carnale. Uomo dalle mille prodezze erotiche e dai record esibiti (200 donne a stagione nell’età dell’oro, almeno così vantava, più di tremila in una vita), era uno che nel 1988 girava per la Riviera con il certificato medico nel portafogli, casomai le turiste germaniche e scandinave che collezionava nelle notti romagnole avessero paura di un contagio (al tempo l’Hiv era in piena esplosione e faceva paura). Zanza era l’uomo dei record in questo grande contenitore umidiccio e dissoluto, limitato nello spazio (la stretta e lunga striscia di spiaggia che va dalla foce del Reno a Gabicce) e nel tempo (giugno-settembre). Sempre Tondelli, che ne ha fornito l’epopea forse più completa: «E allora la fauna, in questo paese delle meraviglie, cosa fa? Si mischia come in una Nashville patriottica e poliglotta, si interseca, si ricicla, si bagna, si asciuga, si dissolve, si droga, si eccita (...). Questa fauna profondamente provinciale che, nell’orgia ferragostana, insegue le mille vibrazioni del coitus mediterraneus». L’ultimo a inseguirle è stato proprio Zanfanti, e la giovane dell’Est Europa che gli era accanto lo ha visto andarsene così, mentre gli mancava il fiato. Lui, che aveva cominciato a 17 anni come buttafuori, anzi «buttadentro». A proposito, qualcuno lo ricorda anche nelle discoteche cortinesi, tra il Vip, il Bilbò e i locali del centro. E in effetti la connessione con le Dolomiti non è casuale, la corrente sotterranea che passa tra Rimini e Cortina è il fiume carsico della villeggiatura italiana: la ressa, i clienti da smistare come in un allegro mattatoio, l’olio solare e soprattutto il «servizio completo» offerto da entrambe le appena citate categorie professionali: dopo il pomeriggio c’è la sera e poi la notte. Eppure siamo nel 2018, le storie della villeggiatura restano indietro, lontano, relegate in quegli anni Ottanta così celebrati e così veloci a finire, come un’estate, come una vita che si spegne a soli sessantatré anni.