Zuppi e Bologna, «Città buona non buonista»
L’omelia dell’arcivescovo per San Petronio: «No alle barriere, Bologna buona ma non buonista»
L’invito ad abbattere le barriere, non solo quelle fisiche, ma anche quelle invisibili. Per continuare ad essere una città buona, ma non buonista, accogliente, come è successo a Borgo Panigale dopo l’esplosione. Così nell’omelia di San Petronio, monsignor Zuppi ha esortato i bolognesi. Spazio anche per i giovani, al centro di violenza e dipendenze.
Accoglienza, misericordia, prendersi cura l’uno dell’altro e soprattutto buttare giù le barriere architettoniche che relegano i disabili alla solitudine. Nel giorno di San Petronio, monsignor Matteo Maria Zuppi sceglie i temi storicamente più cari alla diocesi bolognese per la sua omelia nella basilica che per l’occasione è stata dotata di rampe per le persone disabili. «Vogliamo una chiesa senza barriere fisiche ma soprattutto, e dipende da ognuno di noi, senza quelle invisibili che sono la solitudine, il pregiudizio, l’indifferenza. La paura suggerisce di alzare barriere, ma non sono queste a darci sicurezza, perché alla fine ci isolano». «Iniziamo oggi non a caso proprio in questa chiesa che rappresenta la nostra città — ha detto il vescovo, citando don Mario Campidori, fondatore del Villaggio senza barriere, struttura di accoglienza sull’Appennino — la scelta di abbattere le barriere che sono muri per chi ha difficoltà. Quanti dobbiamo buttarne giù!».
Ma, ricorda Zuppi citando papa Benedetto, «la città siamo tutti noi» e allora «ciascuno contribuisce alla vita e al clima umano e morale della città, nel bene o nel male», «San Petronio ci ricorda, mostrando
” Bologna ha sempre avuto una grande capacità di accogliere e adottare l’altro, la paura suggerisce di alzare le barriere ma non sono queste a darci sicurezza, alla fine ci isolano Gli adulti non lascino i giovani nelle mani di trafficanti di morte
la città tutta intera, che nessuno è un’isola e quello che facciamo pur piccolo ha sempre una conseguenza». «Custodiamo i più anziani, i tanti diversamente abili, proteggendoli con la premura, con le visite, attenti alla fragilità, non accettando mai per nessuno che sia normale la solitudine». «Impariamo a custodirci - ha esortato l’arcivescovo -, come è avvenuto a Borgo Panigale con tanta efficacia e competenza, che richiede sacrificio e preparazione».
Per il vescovo l’esplosione della cisterna il 6 agosto scorso, che ha causato due morti, ma ha anche mostrato una comunità capace di stringersi e rialzarsi, indica la strada perché Bologna tutta sappia prendersi cura di se stessa e di chi arriva. «Bologna ha sempre avuto una grande capacità di adottare l’altro. Si diventa bolognesi facilmente!». Il vescovo ha ripreso poi i passi del discorso di Papa Francesco in occasione della sua visita sotto le Due Torri proprio un anno fa: «Come diceva Papa Francesco: Bologna è dotta, ma non saccente». La caratteristica che più le viene attribuita «è la bonomia, cioè la bontà del cuore, la semplicità di modi, la mitezza che spinge per la comprensione, nostra vera forza». La bonomia «relativizza lo scontro, cerca con pazienza le ragioni del vivere assieme, aiuta l’altro a tirare fuori la parte migliore, accoglie e fa sentire accolti. La bonomia è assai diversa dal buonismo che ne è la deformazione».
Il vescovo non dimentica poi i giovani e fa suo l’invito «ad adottare i figli più piccoli di Dio», altrimenti «li lasciamo esposti alle intemperie e orfani di una comunità di fede che li sostenga, di un orizzonte di senso e di vita». L’invito agli adulti è «lavorare per rovesciare le situazioni di precarietà, esclusione e violenza, alle quali sono esposti i nostri ragazzi, a volte, purtroppo, nelle mani di tanti mercanti di morte, come le dipendenze».