Attivisti del Tpo sulla nave che sfida Salvini
Ci sono anche gli attivisti bolognesi del Tpo sulla Mediterranea, la nave italiana comprata da una rete di ong e parlamentari e salpata ieri che sfida Salvini. Lo scopo è monitorare e denunciare le condizioni dei migranti.
Mediterranea è già salpata e con lei la sfida di un gruppo di associazioni e ong, tra cui Tpo e Ya Basta Bologna, alla politiche migratorie del governo giallo-verde. Si tratta della prima missione in acque internazionali organizzata completamente in Italia, in questo momento l’unica davanti alle coste libiche, visto che altre navi umanitarie hanno dovuto fermarsi o spostarsi. Per realizzarla si sono messe insieme Arci nazionale, Ya Basta Bologna, di cui fanno parte appunto Tpo e Làbas, la comunità di don Andrea Gallo San Benedetto al Porto, la rete di imprese sociali Molti Volti di Palermo, il gruppo italiano di riferimento della ong tedesca Sea Watch, ma gli organizzatori sottolineano che la rete è aperta a chiunque, singoli e associazioni, voglia farne parte.
C’è un crowdfunding appena partito sul sito mediterranearescue.org: obiettivo raggiungere quei 700mila euro necessari all’operazione per restare nel Mediterraneo centrale almeno un paio di mesi. I soldi per acquistare l’imbarcazione li ha anticipati Banca Etica, tramite un fido garantito, a titolo personale, da Nichi Vendola e dai parlamentari di Leu Nicola Fratoianni, Erasmo Palazzotto e Rossella Murioni. Dal Viminale il ministro dell’Interno Matteo Salvini ieri ha già risposto in un videomessaggio postato su Facebook: «Leggo di questa nave dei centri sociali e di fenomeni delle ong che è partita, non ho capito se proveranno a sbarcare migranti in Italia. Fate quello che volete, navigate, siete di liberi di navigare, ma in Italia i centri sociali non attraccano».
Le acque dunque si fanno tutt’altro che calme. Intanto dalla terraferma Ada Talarico del Tpo spiega: «Ci teniamo a sottolineare che noi non vorremmo andare lì perché non dovrebbero più esistere persone costrette a diventare naufraghe da salvare e persone costrette a diventare salvatori. Ma i confini non sono aperti e allora prendiamo il mare perché non possiamo non essere lì, anche e soprattutto per salvare noi stessi, per rispondere a questo clima di disumanizzazione e razzismo crescente per scelta del governo». Un progetto a cui si lavorava già dall’inizio dell’estate, una corsa contro il tempo per trovare una nave e dei finanziatori. La missione è partita ieri all’alba dal porto di Augusta, con un equipaggio di 10 persone, tra cui attivisti arrivati da Bologna, ogni 15 giorni gli equipaggi si daranno il cambio. Alla prima imbarcazione, la nave di soccorso Mare Ionio battente bandiera italiana, lunga 37 metri e larga 9 con una capienza di 100 persone, che naviga insieme al veliero Astral di Open Arms, si unirà una seconda imbarcazione per comporre tutta la flotta.
Ufficialmente la missione è di monitoraggio, tutela e denuncia di ciò che succede in quel pezzo di mare «in questo momento in cui le ong sono bandite e si criminalizza chiunque salvi vite». Ma in mare, appunto, sarà la legge del mare a comandare: «In base a quello che incontreremo — spiega Talarico — decideremo come comportarci. La nave è equipaggiata anche per attività di ricerca e salvataggio». E poi ci saranno le mobilitazioni sulla terraferma: lunedì la prima assemblea pubblica a Làbas per presentare l’iniziativa e raccogliere adesioni, poi gli eventi di autofinanziamento.