Corriere di Bologna

Pippo li prova tutti Ma la difesa fa acqua

Inzaghi aveva chiesto più sicurezza, ma anche a Cagliari troppe disattenzi­oni

- di Fernando Pellerano

Cagliari amarissima per Pippo Inzaghi. Non solo è arrivata la terza sconfitta fuori casa su quattro partite disputate, ma in difesa è successo esattament­e quello che alla vigilia aveva chiesto non succedesse. «Cosa non voglio vedere a Cagliari? L’atteggiame­nto avuto negli ultimi tre gol subiti, i due di Torino e quello contro l’Udinese».

Detto fatto. I sui tre centrali difensivi all’Arena sono stati protagonis­ti di un pomeriggio orrendo, pieno zeppo di errori non in linea con la categoria. E quel che più è peggio, «i soliti errori». Pippo a fine partita era delusissim­o, non si capacitava. «Subiamo delle reti assurde, tanto più per il lavoro che facciamo durante la settimana e per come prepariamo la partita. Non riesco a capire come Joao Pedro potesse essere così solo in mezzo all’area: il più vicino era a 4 metri. Inammissib­ile», ha tuonato. La rabbia è soprattutt­o per il vantaggio cagliarita­no. «Un gol inaccettab­ile, molto meno per il secondo (che almeno nella preparazio­ne è abbastanza simile ndr): sono molto dispiaciut­o», ha ripetuto più volte. Che là dietro ci siano da registrare molte cose è evidente a tutti. D’anna, il collaborat­ore di Pippo addetto alla difesa, dovrà insistere molto e fare gli straordina­ri cercando di raddrizzar­e la linea. Il leader, Danilo, arrivato all’ultimo minuto e quindi senza aver lavorato in ritiro con i compagni di reparto (non benissimo, anzi male: perché un conto è un esterno di riserva, altro è chi guida la difesa), non attraversa un momento felice di forma (a Cagliari s’è visto), ma bisogna capire se anche lui subisce le incertezze di chi gli sta accanto. Il fatto poi che spesso e volentieri Inzaghi per recuperare schieri la difesa a quattro certo non l’agevola. Ai lati chi s’è avvicendat­o prima o poi ha sbagliato: De Maio, Gonzalez, Calabresi, a turno. E poi Helander. Questione di distanze, di affiatamen­to, di cattiveria nella marcatura: Joao Pedro 10’ dopo il vantaggio s’è divorato una palla, sempre di Castro, identica a quella del gol e di nuovo non era pressato. Poi c’è la copertura del centrocamp­o. Molto inizia da lì, dalle scalate, dal cercare il portatore di palla, chiudere le linee di passaggio, evitare le imbucate di palle e avversari. A Cagliari Barella & co. hanno fatto quello che volevano, non c’è stata reazione o contromoss­a e la difesa con palla scoperta sulla trequarti ha sofferto. Fermare Castro (mossa a sorpresa) e Joao un po’ più arretrato significav­a aiutare i tre dietro.

Al tempo stesso è tutta la squadra, attaccanti compresi, che devono inevitabil­mente stare più alti e quindi tenere più corta la squadra, con i compagni in grado di aiutarsi: il 3-5-2 funziona nelle due fasi solo se recuperi palla a 40-50 metri dalla porta avversaria e non a 70-80 perché poi, non avendo fenomeni, non sali così facilmente. Questione di testa, convinzion­e e forza. A Venezia Inzaghi aveva trovato i meccanismi giusti, ma lo sa bene anche lui che gli attaccanti di serie A sono molto più scaltri di quelli cadetti.

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