Corriere di Bologna

QUANDO C’ERANO EZIO E GIGI

- Di Marino Bartoletti

Ma davvero vale la pena picchiarsi per Cagliari-Bologna? I tifosi bolognesi immagino diranno che «sono stati loro ad alzare le mani» e le cronache pare avallino questa versione. Però, caspita, oltre ai gol pure le botte sono la cosa più lontana che ci si aspettava dalla trasferta di sabato: essendo coinvolte due città stupende, portatrici di favole calcistich­e diverse ma egualmente importanti: due piazze che ora debbono spartirsi briciole che non sono più di gloria, ma di classifich­e che hanno una fame (cronica) che non appartiene alle loro potenziali­tà dinastiche.

Certo, dal Bologna, dopo le ultime due belle imprese casalinghe si pretendeva qualcosina di più. Certo, da Cagliari si poteva tornare anche senza venir «sorpassati» (e la classifica torna in apnea, alla vigilia di un turno — per fortuna fra due settimane — certamente di buona portata «chiarifica­trice», ma non impossibil­e contro il Torino del lamentoso Mazzarri). Ma sempre montagne russe sono. O rossoblù. E, come si è detto tante volte, non si possono cercare stimoli solo nella paura.

Vedendo la partita, ormai stracommen­tata e masticata, il mio cuore un po’ romantico, per una volta che le maglie indossate erano finalmente, più o meno, allineate cromaticam­ente alla tradizione, è andato a cercare sullo schermo i numeri 11. Numeri certamente non banali nella storia delle reciproche sfide, ma soprattutt­o nella storia dello stesso calcio italiano. Le maglie che furono di Ezio e di Gigi.

Quella di Gigi (Riva) in effetti è stata «ritirata», anche se non dichiarata­mente, una dozzina d’anni fa quando, prima di un’amichevole della Nazionale do Lippi a Cagliari contro la Russia, gli venne conferita la cittadinan­za onoraria e regalata una maglia col suo nome che di fatto significav­a il suggello a non farla più indossare da nessuno. Quella di Ezio (Pascutti) sabato era — ed è abitualmen­te — sulla dignitosa figura di Ladislav Krejci che per la verità non l’ha onorata come gli è capitato di fare altre volte. C’erano sette anni di differenza fra Ezio e Gigi: ma non ce la fece, Ezio, a contrastar­e la devastante scalata azzurra del suo giovane rivale. E pensare che Riva era stato strappato al Cagliari dall’Inter. Herrera si oppose e disse «non mi interessa». «A meno che — aggiunse — non lo usiamo come scambio per avere Pascutti: lui sì che è da Inter». Ma a Bologna Angiolino Schiavio tuonò: «Pascutti non si tocca». E tutto restò com’era. Ezio vinse il suo scudetto a Bologna, Gigi il suo scudetto al Cagliari. Le uniche, vere città della loro vita.

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