Sulle fusioni sberla al Pd Esultano i gialloverdi
Il voto a Malalbergo-Baricella e Castenaso-Granarolo è già un caso politico
Lo stop alle fusioni tra i Comuni (quattro su sette sono state bocciate in regione) diventa un caso per il Pd. «Il partito è stato poco presente», fanno notare i sindaci. Il segretario Calvano: «Basta scaricarci le colpe a vicenda». Esultano Lega e M5S.
Le fusioni tra Comuni bocciate dal voto referendario di domenica, soprattutto nel Bolognese, si trasformano in una ferita politica. In cui Lega, M5S e Forza Italia affondano il dito («I cittadini si sono ribellati a progetti calati dall’altro»). Mentre il Pd si trova ad affrontare un nuovo scossone interno, con i sindaci delle fusioni mancate che puntano il dito anche contro l’assenza del partito. E il segretario regionale Paolo Calvano che prova a riportare la calma: «Se ogni volta ci mettiamo a scaricare la colpa gli uni sugli altri anche in casa nostra non si va da nessuna parte».
Che il vento soffiasse in direzione contraria lo si era capito dall’entusiasmo, via via scemato, con cui il fronte democratico aveva spinto le «sue» fusioni negli ultimi giorni. Il risultato, infatti, è stato una netta sconfitta: solo tre delle sette fusioni andate al voto domenica hanno passato l’esame: due nel Ferrarese (Formignana-Tresigallo e Berra-Ro) e una nel Parmense (Sorbolo-Mezzani). Stop invece a un’altra fusione di Comuni nel Parmense e a una nel Modenese. Ma è soprattutto nell’area di Bologna, dove la partita era più grossa, che si è registrato il tonfo più forte: a Castenaso-Granarolo il no ha vinto con il 75,2%, a BaricellaMalalbergo con il 65,8%. Un insuccesso festeggiato da chi è all’opposizione in EmiliaRomagna . La capogruppo del M5S, Silvia Piccinini, parla di «una grande lezione data dai cittadini al Pd». Il leghista Carlo Piastra sostiene che «si è chiusa una stagione, quella dei matrimoni di interesse, i cittadini hanno capito l’inganno». Galeazzo Bignami di Forza Italia porta il problema sul tavolo del Viminale: «Servono criteri più obiettivi e condivisi prima di giungere ai referendum e una riflessione sulle risorse utilizzate per gli studi di fattibilità».
I sindaci sono pronti ad assumersi le proprie colpe, ma non quelle altrui. «Evidentemente non sono stato in grado di spiegare lo stato di emergenza in cui versano gli enti locali, mi assumo la responsabilità di averci provato», dice il primo cittadino di Castenaso Stefano Sermenghi, che proprio quest’estate ha deciso di abbandonare il Pd. Non si dimetterà («avevo detto all’inizio che avrei comunque concluso il mandato»), ma Sermenghi si toglie qualche sassolino dalle scarpe: «Diciamo che non solo è mancato il Pd, ma anche tutta l’area dell’associazionismo e della rappresentanza». Veleni da ex democratico? Mica tanto, visto che a sentire gli altri sindaci delle fusioni fallite qualcosa, in casa pd, è mancato. «Forse non siamo stati efficaci a spiegare il progetto, forse trattandosi di due Comuni con una qualità della vita piuttosto alta tra i cittadini c’era il timore di perdere qualcosa», riflette a caldo Daniela Lo Conte, sindaco di Granarolo, che una certa solitudine in questa battaglia l’ha provata. «Io e il mio gruppo ci siamo sentiti da soli rispetto non solo al Pd, ma all’intero centrosinistra sul territorio. Diciamo che non siamo stati un carroarmato...». Parole simili a quelle che arrivano dal dem Andrea Bottazzi, sindaco di Baricella, altra fusione fallita. «Quando abbiamo chiesto abbiamo ricevuto disponibilità dal Pd, ma forse una maggiore forza propositiva dal partito ci avrebbe aiutato. Dopo questo segnale — conclude Bottazzi — il Pd a livello provinciale deve ripartire da un maggior collegamento con le amministrazioni locali e i territori».
Al segretario regionale del Pd Paolo Calvano, in assenza di un segretario bolognese dopo le dimissioni di Francesco Critelli, il compito di smorzare le polemiche. «Basta ricondurre tutto al Pd, le fusioni non sono un tema di schieramenti politici», dice Calvano, che frena le critiche
” Calvano (Pd) Basta ricondurre tutto al Pd, le fusioni non sono un tema di schieramenti politici
” Le opposizioni I cittadini dei Comuni dove si è votato si sono ribellati a progetti calati dall’altro
interne. «Di fronte a un risultato così negativo è evidente che forse anche i sindaci non hanno tenuto in adeguata considerazione qual era il sentimento dei cittadini, ma può essere anche che il Pd non sia riuscito a essere così presente». La strada verso le fusioni resta «controvento, visto che le forze di governo, Lega e M5S, vorrebbero che ognuno stesse a casa propria isolato». Ma il Pd vuole andare avanti, seppure con una nuova strategia. «Laddove è già presente la percezione di una dimensione ottimale del Comune, la fusione non sempre viene colta come un’opportunità aggiuntiva e di rafforzamento per il territorio», rileva Calvano. Dunque sì alle fusioni, ma solo nei Comuni più piccoli. Perché successi o sconfitte «siamo certi che quella intrapresa sia la strada giusta», conclude l’assessore regionale Emma Petitti.