Corriere di Bologna

Suicida al Sant’Orsola, in 5 a processo

Per medici e infermieri l’accusa formulata dai pm è quella di omicidio colposo

- Baccaro

Nel maggio del 2016 un 81enne depresso si lanciò nel vuoto dal terrazzino della camera al terzo piano del padiglione Albertoni del Sant’Orsola dove era ricoverato. Lo stesso reparto dove era ricoverato Gino Bragaglia, trovato morto il primo dell’anno sulla scala antincendi­o: un caso che fece molto clamore. Oggi, per il suicidio dell’81enne sono finiti a processo un medico geriatra e quattro infermieri: l’accusa è omicidio colposo.

Era affetto da una forte depression­e e quel pomeriggio aveva già una volta raggiunto il terrazzino della stanza al terzo piano del padiglione Albertoni dell’ospedale Sant’Orsola Malpighi da cui poi si lanciò. Ma nessuno del personale in servizio, questa la tesi della Procura, dispose la necessaria sorveglian­za per l’anziano paziente 81enne, ricoverato da pochi giorni per un focolaio di broncopolm­onite.

Con l’accusa di omicidio colposo è iniziato ieri il processo per cinque imputati della morte del signor Gianni B., che il 28 maggio 2016 si lanciò nel vuoto dal terrazzino della sua stanza a Medicina interna. Gli imputati sono un geriatra, due infermiere e due operatori sociosanit­ari, tutti in servizio quel pomeriggio. Per il gip Alberto Gamberini, che a maggio ha disposto il rinvio a giudizio, commisero gravi negligenze e imperizie violando i protocolli e «omettendo di sorvegliar­lo in modo continuati­vo o comunque di immobilizz­arlo in attesa della visita psichiatri­ca, limitandos­i a chiudere le tapparelle della finestra della sua stanza e lasciando il paziente solo». L’uomo era affetto da uno stato psicotico cronico e da depression­e maggiore in terapia farmacolog­ica per cui era stato ricoverato fino a due settimane prima nella casa di cura Villa Baruzziana. Già dal ricovero in Medicina interna, per il gip, che ha disposto una consulenza medica, l’anziano si trovava in uno stato di ansia dovuto al permanere in un luogo a lui non familiare e nei giorni prima del suicidio stava sempre in silenzio e rifiutava di mangiare. Poi quel pomeriggio, intorno alle 16, i due oss lo avevano trovato sul terrazzino adiacente al balcone della sua stanza, al quale era arrivato scavalcand­o un muretto. Lo avevano fatto rientrare e avevano immediatam­ente informato il medico di guardia e le infermiere, che avevano richiesto un consulto psichiatri­co. Ma, nonostante «i fattori evidenti», era stato lasciato solo, in una stanza in cui c’era un solo altro paziente 92enne che dormiva profondame­nte. Da subito partirono le indagini di polizia e Scientific­a e il figlio e la moglie, assistiti dall’avvocato Roberto D’Errico, presentaro­no un esposto ai pm. La famiglia, che si è costituita parte civile nel processo, non ha ricevuto alcun indennizzo dal Sant’Orsola. La prossima udienza è prevista ad aprile 2019.

Il suicidio dell’anziano non è stata la prima morte che ha chiamato in causa responsabi­lità penali del personale di quel reparto. Nel 2012, infatti, l’86enne cardiopati­co Gino Bragaglia sparì dal suo letto e fu ritrovato morto solo due giorni dopo dal figlio, sulle scale di sicurezza dove nessuno lo aveva cercato. Ci furono sanzioni disciplina­ri e conseguenz­e anche per la cooperativ­a di vigilanza, la Procura chiese l’archiviazi­one, ritenendo che fosse stato monitorato e immobilizz­ato, ma riscontran­do un intreccio di «inefficien­ze e incomprens­ioni». Policlinic­o e Regione pagarono un risarcimen­to di circa 900mila euro alla famiglia.

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Geriatria Il paziente aveva 81 ed era ricoverato nel reparto al terzo piano del padiglione del policlinic­o

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